Una lunga militanza nel mondo dell’editoria tendy e off conferisce al lavoro dell’artista uno stile efficace e non omologato. Scott King isola e sottrae le immagini al normale consumo, le ingrandisce, le ibrida, ne ricostruisce il tessuto. Recupera in tal modo l’immagine archetipa in un diverso codice di segni che la rende riproducibile con la tecnica tipografica.
Seguendo il diktat della fanzine l’artista procede all’operazione inversa: prende un’icona dello star system e con humor nero ne rivela i risvolti mediatici negativi. Il gusto del macabro e del paradosso lo portano a esprimersi in una singolare forma narrativa. Ed ecco che brevi messaggi si fanno veicolo di questa sua visione del mondo, sanamente demistificatoria. Frasi come: “Dave Help Me”, “I’m worried about Cliff”, “What’s wrong with him?”, “He’s Dead” creano una sorta di mini racconto basato su pochi elementi immediatamente riconoscibili. Lo stesso cifrario, insomma, che serve per la pubblicità e per il racconto d’avventura sfocia in una tensione psicologica, in un effetto dai risvolti thriller.
In uno dei lavori esposti, realizzato appositamente per Napoli e per questa mostra che
Non meraviglia, quindi, che l’artista sia così attratto dalle rock star. Tre lavori di grandi dimensioni riproducono con un grafico la quantità di pubblico accorso ai concerti rock che hanno fatto epoca: da Ziggystardust di David Bowie e quello storico dei Rolling Stones. Scott King adopera l’analogia visiva applicandola alle icone della nostra epoca, ma in modo da trasformarle in immagini dal contenuto completamente opposto: così l’effetto sorpresa costringe a osservarle e a ricordarle.
Ed ecco che il logo delle Ferrovie inglesi ha gli stessi segmenti e gli stessi colori della svastica nazista. Cher viene riprodotta come l’onnipresente poster del Che e Madonna diventa una plausibile Hitler con l’aggiunta di un paio di baffetti e il cappello da ufficiale SS.
L’artista, avendo collaborato con riviste come ID, Crash e Sleaze Nation, ha vissuto dall’interno il meccanismo di formazione dell’immagine della comunicazione di massa e ha imparato che bisogna analizzare attraverso il procedimento tecnologico la loro capacità di colpire la psicologia collettiva. Magari promuovendo al contrario l’iter del consumo e riducendo al minimo le sue caratteristiche comunicative.
maya pacifico
mostra visitata il 28 novembre 2003
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