Nonostante la validità e l’originalità di alcune ricerche, ci sono voluti anni prima che per alcuni artisti giungesse il riconoscimento ufficiale della storia. Ad investirli della corona d’alloro il curatore Vitaliano Corbi, che ricostruisce in “Quale avanguardia? L’arte a Napoli nella seconda metà del novecento”, la “Questione Meridionale” dell’arte nell’ultimo secolo e inaugura un ciclo di mostre presso l’Istituto francese Grenoble in cui presenta, accanto ai veterani, alcuni giovani artisti napoletani. In questo modo il curatore accoglie l’idea di confrontare tempi diversi aprendoci al principio che la storia sia in realtà un libro aperto alla contaminazione, un luogo archetipo della memoria da cui lo stesso presente trae le proprie ispirazioni e i propri miti.
Corbi adotta così uno sguardo diacronico alla ricerca dei rapporti che legano il presente al passato e il risultato è sempre inaspettato; la scelta degli artisti, come sottolinea lo stesso curatore, non è stata infatti definita in termini di analogie tematiche o stilistiche. Non si è cercata una comunione, ma piuttosto la sorpresa di un dialogo non sempre pacifico. E forse proprio quest’apertura di senso ha consentito alle opere di comunicare in maniera viva di là da rigide classificazioni; forse proprio per quella verità intrinseca che è l’arte si sono create situazioni interessanti e stimolanti. Cristian Leperino e i suoi quadri intensamente espressionisti, erano accanto a quelli di Elio Wanchimps così come, in questi giorni, i tagli, i segni del corpo raccontato da Ivan Piano si confrontano con le delicate cuciture, e gli strappi misurati della materia di Gerardo Di Fiore. Un meccanismo armonioso, dunque, ma spesse volte anche un fastidioso stridere: così stridono i meccanismi ironici e ludici di Rosaria Matarese con la ricerca tragica e violenta dello stesso Ivan; nelle sue immagini non c’è il tempo di sorridere, si è troppo dentro e si prova paura e un senso d’incredibile inadeguatezza della propria pelle.
Ed è affascinante ripercorrere con l’autore il cammino che, a partire dagli anni ‘50, ha portato la città verso una rivoluzione artistica e culturale: da Sud, la prima rivista d’Arte e Cultura nel Mezzogiorno, al Gruppo Sud e ai primi timidi tentativi di affrontare il reale in maniera più consapevole, nella pittura come nella coscienza. La rottura definitiva provocata dal Gruppo Arte Concreta che per primo si collegò alle avanguardie abbandonando la figurazione e il Gruppo 58 che ebbe il merito di investire nella città nel senso di un’“importazione” della cultura e non più di un esodo delle idee e delle opere. Si pensi inoltre all’importanza che ebbe, nella definizione dell’identità culturale della città, lo strumento editoriale: Documento Sud, Linea Sud e Continuum con le esperienze della poesia visiva. Attraverso metà secolo di storia dell’arte, dunque, dall’Informale alla Pop Art, dal comportamento al concettuale, attraverso esperienze diverse finalmente restituite all’arte italiana.
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Arte e questione meridionale?
Stiamo messi maluccio!
Sono decenni che a Napoli alcuni studiosi come, fra gli altri, Mariantonietta Picone Petrusa, docente di Storia dell'arte contemporanea all'Università Federico II, lavorano per portare alla luce e valorizzare, attraverso pubblicazioni scientifiche e mostre qualificate, l'arte contemporanea napoletana. In particolare,l'arte a Napoli fra il secondo dopoguerra e la metà degli anni Sessanta è stata ampiamente indagata con una grande mostra svoltasi a Napoli, presso Castel Sant'Elmo, nel 1991, intitolata "Fuori dall'ombra. Nuove tendenze nelle arti a Napoli dal '45 al '65", corredata da un voluminoso e documentatissimo catalogo edito da De Rosa, dove il periodo in oggetto è osservato da diversi studiosi in una prospettiva storica, nella molteplicità dei suoi aspetti culturali e sociali. Vi si parla estesamente e approfonditamente, tanto per fare degli esempi citati nell'articolo di Exibart,delle riviste "Sud" e "Documento Sud", del Gruppo 58 e del Gruppo Arte Concreta e di tutti gli artisti operanti a Napoli a quei tempi. Senza contare che, sempre alla Federico II, da qualche anno è in corso un lavoro di catalogazione informatica dell'arte napoletana del Novecento, finalizzato alla costituzione di un archivio. Siamo ben lontani, dunque, dal trovarci in presenza di un terreno vergine dal punto di vista dell'indagine storica, la cui ricostruzione è affidata unicamente ad articoli sparsi qua e là o addirittura al ricordo di pochi. L'opera di "dissodamento" è avvenuta già da tempo e ha evidentemente dato i suoi frutti, come dimostra anche la mostra al Grénoble.
Con questo non si vuole certo togliere merito alla lodevole iniziativa di Corbi, ma forse si dovrebbe cercare di avere la memoria un po' meno corta.
Sto seguendo la rassegna "l'orizzonte del presente" ...! Il PRESENTE è discutibile e poco rilevante mentre è lodevole (e dovrebbe essere premiato) lo sforzo di Vitaliano Corbi di tirare fuori dal baule cose che pochi ricordavano. Però dovrebbe avere l'accortezza di non promuovere questi artisti come gli appartenenti di "grandi movimenti" che hanno cambiato la storia dell'arte del centro sud Italia. Questione Meridionale..!? Se "questi"
fossero stati "movimenti artistici" di un certo rilievo, se ne ricorderebbero in molti
non in 3, 4 al massimo.