Un’edera rampicante, dalle propagazioni sinistre, come le zampe di una mantide religiosa. Risultato visivo non è la distruzione dell’opera, ma la de-costruzione e ri-creazione in formato digitale del sound umano. Focus dell’installazione presentata da
Daniela Di Maro e
Roberto Pugliese (Napoli, 1977 e 1982), in questa personale curata da Mara de Falco, è il rapporto tra l’uomo e le nuove tecnologie, in un contesto ampio, che vede come comprimario il sistema ambientale.
Ivy Noise, l’edera rumorosa che cresce grazie a un complicato quanto schematico andamento di speaker e diffusori sorretti da cavi elettrici, è frutto del concept della coppia artistica, ma ripartito secondo le diverse competenze. Se a Ddm – diplomata in arti visive e discipline dello spettacolo in Accademia – spetta l’ideazione dell’aspetto visivo, cioè la realizzazione dell’elegante ricamo nero dislocato su due pareti, è invece compito di Roberto Pugliese – diplomato in musica elettronica al Conservatorio – gestire l’apparato tecnologico.
Ivy Noise sboccia da due germogli destinati a fondersi, perché su una base sonora predefinita se ne innesta un’altra, determinata da un sistema organizzato in microfoni nascosti che captano i suoni e, attraverso un software realizzato
ad hoc, trasformano in tempo reale e in maniera casuale l’azione rumorosa dell’uomo. In questo essenziale ambiente iper-tecnologico, l’edera si muove come un parassita, nutrendosi delle energie, parallelamente all’installazione che vive del suono dei fruitori.
L’analisi dell’ambiguità percettiva del suono coinvolge anche
Anamorphosis, video basato sulla costruzione dell’immagine attraverso il suono. Le percezione cerebrale umana dei suoni naturali o artificiali, nella loro declinazione psico-acustica, è riscontrabile nella sequenza d’immagini che, sul sound metallico del pianoforte decostruito, mostrano un accorpamento di molecole. Una simbiosi di elementi che pone come illustre riferimento gli agglutinamenti elettronici di
Bianco-Valente.
L’interazione col pubblico è determinante nelle produzioni del duo, come nei precendenti
Audio-sphere e
Audio particles pictures, dove allo stile grafico e pulito si associa l’analisi del fenomeno psico-acustico con gli elementi della natura. Un viaggio sonoro e visivo, arricchito da una traccia di ottimismo. Dove, per una volta, l’elemento artificiale non si scontra con quello naturale.
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Una delle mostre più interessanti viste ultimamente in città, poetica e critica.
Complimenti ad artisti e curatrice!