Un’attenta selezione di ventinove immagini a colore e in bianco e nero, per la mostra di Sylvia Plachy (1943) – nata in Ungheria ma statunitense d’adozione, dopo la fuga da Budapest avvenuta in seguito alla Rivoluzione del 1956 – allestita presso i Magazzini Fotografici, un contesto fervente per le proposte di un certo rilievo. La personale, a cura di Roberta Fuorvia e Yvonne De Rosa, esalta la carriera della fotografa, con un percorso accurato di ritratti intimi, scattati durante la messa in opera di una spontaneità visibile e reale per i personaggi inquadrati.
Le figure sono tratte dal suo fortunato percorso artistico, un itinerario di volti, molti dei quali noti, appartenenti cioè a un immaginario popolare di divi e icone, personalità fotografate già migliaia di volte. Sylvia Plachy è riuscita senz’altro a caratterizzare singolarmente la sua popolazione fotografica, applicandovi un gusto punk fortemente qualificante. Emergono figure come Pedro Almodovar, Adrien Brody, Michelangelo Antonioni, Tom Waits, individui che appaiono inquieti e, al contempo, perplessi, colti come in un’interrogazione, come a dire “chi sei tu che mi guardi?”. La stessa Plachy ha dichiarato di aver fatto molto affidamento «sull’osservazione silenziosa di ciò che mi accadeva intorno», un principio naturalmente ovvio per un fotografo, tuttavia difficile da perseguire fino al limite ultimo della sparizione.
Non scompaiono la mano e l’obiettivo ma la resa è attraente e Plachy riesce a tenere viva quell’attrattiva ben oltre la curiosità ambigua di vedere un personaggio pubblico in una posa impropriamente definibile come privata. Andy Warhol, Dario Fo e Franca Rame, Donald Trump, elementi rappresentativi di contesti diversi, sono raccolti da una meccanica che amalgama i singoli, li impasta nuovamente e li rimette in circolo con un altro abito. Plachy, in qualche modo, infila il dito negli ingranaggi di questa meccanica, sorvola sulle ragioni delle apparenze e scatta quando è pronta. L’artista non si preoccupa della tecnica ma, come sottolineano le curatrici, «concentra il lavoro su quel quid che va oltre la pulizia dell’immagine e che anzi cade piacevolmente nell’errore e nelle sporcature». “Looking back while going forward” prevede inevitabilmente uno sguardo all’indietro, l’applicazione di una tecnica incentrata sul passo falso, per un toccante traballamento nel medium fotografico. E questa è stata anche la linea guida del workshop curato per l’occasione dai Magazzini Fotografici, con una tre giorni dedicata all’approccio sensibile di Sylvia Plachy.
Elvira Buonocore
mostra visitata giovedì 27 ottobre
Dal 26 ottobre al 21 novembre 2016
Sylvia Plachy, Looking back while going forward
Magazzini Fotografici
Largo Proprio D’Avellino, 4 – 80138, Napoli
Orari: su appuntamento
Info: info@magazzinifotografici.it – 3386403215