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Nella totalità di uno spazio, c’è qualcosa che va oltre l’integrazione tra superfici, angoli, sagome, profili, ombre e luci, pieni e vuoti, una sorta di dilatazione sfuggente dai parametri dell’architettura e dell’ingegneria, laterale rispetto alle parole, a ogni tentativo di codificazione. Tale residuo percettivo emerge con più intensità in prossimità di alcuni luoghi, percorrendo le regioni sacre delle antiche acropoli oppure i quartieri più caratterizzati di certe aree metropolitane. Zone di alta permeabilità del significato e del significante, della forma e del concetto, che sono l’epicentro della camera oscura di Vera Lutter (Kaiserslautern, 1960).
L’artista tedesca ha studiato scultura all’Accademia di Belle Arti di Monaco, prima di frequentare il corso di fotografia alla School of Visual Arts di New York, città diventata la sua seconda casa e campo di indagine privilegiato. Questa dialettica tra scultura e fotografia, cultura mitteleuropea e americana, tensione all’arcaico e linguaggio della postmodernità, torna come una matrice evidente nelle sue opere, immagini dalla composizione rigorosamente bilanciata tra ricerca poetica e sperimentazione sul medium fotografico. Lutter interviene nel discorso iperesteso e in continuo mutamento del paesaggio urbano, ritagliandovi una prospettiva appartata, trasformando un container in un dispositivo fotografico ambientale, una camera oscura nomade nella quale mettere in incubazione i processi fisici e chimici dell’impressione della luce, del passaggio del tempo sulle materie. L’obbiettivo rimane aperto per giorni, anche per settimane, l’immagine viene impressa direttamente sulla carta, permettendo una stampa unica, preziosa e in grandi dimensioni.
Per la mostra da Alfonso Artiaco, la seconda negli spazi espositivi napoletani, dopo quella del 2011, Lutter ha presentato il suo ultimo progetto, una serie realizzata in collaborazione con la galleria e dedicata ai reperti archeologici di Paestum. Per un mese, l’artista ha osservato i templi di Atena ed Era da questa peculiare camera oscura effimera, affrontando uno spazio parallelo a quello, solitamente esplorato, della città, proponendo un’inquieta interpretazione della rilettura nietzschiana dell’ordine apollineo del tempio dorico, lo stile nel quale i due templi sono realizzati. La perfezione geometrica dell’architettura classica viene messa a nudo, giocando sull’estroflessione delle forme e sulla coincidenza degli opposti. Il vuoto tra i fusti delle colonne che si succedono e acuiscono il punto di fuga dell’immagine, il pieno assoluto del momento di congiunzione tra i capitelli e l’architrave, l’incombente massa del cielo che rientra come parte integrante, strutturale, delle costruzioni sacre, sono gli elementi che orientano tutta la composizione verso un’unica plastica, misteriosa e cosciente della propria presenza, come un monolite visivo segnato da complesse venature di luce e oscurità.
Mario Francesco Simeone
Mostra visitata l’8 settembre
Dall’8 settembre al 22 ottobre 2016
Vera Lutter, Paestum
Galleria Alfonso Artiaco
Piazzetta Nilo, 7 – 80134, Napoli
Orari: dal martedì al sabato, dalle 10 alle 20
Info: info@alfonsoartiaco.com