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Per il grande matematico tedesco Alexander Grothendieck, recentemente scomparso, la rivelazione dell’errore era un momento creativo del lavoro di ricerca geometrica, un passaggio cruciale per aprire una via d’accesso a una nuova conoscenza delle cose. Proprio grazie a queste interferenze della sensibilità spaziale, l’uomo ha potuto considerare la scansione metrica euclidea, caratterizzata da costruzioni uguali verso tutte le direzioni, come una pura astrazione e immaginare nuovi codici per esprimere il mondo fenomenologico.
Raccontare il punto di vista dell’uomo sul mondo, attraverso un sistema applicabile di disposizione delle linee e dei colori su una superficie, è ciò che ha sempre orientato i tentativi della rappresentazione artistica e, in questo senso, Felice Varini (Locarno, 1952) è un enigmista dello spazio oggettivo, cioè del fare intrinseco dell’arte.
L’installazione site-specific dell’artista svizzero interviene, con sapienza progettuale, nello spazio delle scuderie di Palazzo Ruffo, sede dello Studio Trisorio, trasformando la scansione architettonica in un esperimento visivo nel quale il fruitore perde continuamente l’orientamento, tra imprecisioni percettive e slittamenti di piani. Facendo interagire perfettamente colori e forme con gli elementi strutturali, con i capitelli in basalto e sulle curvature delle volte, lo spazio diventa superficie d’errore creata dall’immagine e solo lo spostamento del punto di vista può svelare il compromesso prospettico. La visione privilegiata e immobile del gioco di incastri tra le nette sezioni geometriche, così, costruisce uno spazio piatto, totalmente falso, con un procedimento concettualmente opposto alla sovrapposizione di velature dello sfumato aereo, che ambisce all’estensione infinita.
Significativo che, nello stesso momento, nello showroom della galleria, siano esposte le opere di Markus Wüste. Il giovane artista tedesco, master student di Rebecca Horn all’Università di Berlino, modella materiali come granito e basalto, per dare l’aspetto di immagini fortemente allusive della concretezza tridimensionale, come bottiglie, cuscini e bicchieri. L’esperienza della pietra si dematerializza ma l’essenza rimane nascosta dietro l’involucro delle figure del quotidiano. Anche in questo caso, la rappresentazione è disseminata di inganni, l’interpretazione logica, basata sull’esperienza delle forme, è obbligata a ricostruire una realtà che si esaurisce nel contesto visivo e si può decostruire solo sfiorandola con le dita.
Allora, è vero che l’insieme relazionale delle strutture, che formano il campo fisiologico e non omogeneo della percezione, è costellato di errori, aperture improvvise dello spazio visivo e tattile. D’altra parte, ciò che è retto non è sempre percepito come retto, già lo sapevano gli architetti dei templi dorici, quando disegnavano l’entasi, il tipico rigonfiamento delle colonne.
Mario Francesco Simeone
mostra visitata il 18 novembre
Dall’ 11 ottobre al 22 novembre 2014
Felice Varini / Markus Wüste
Studio Trisorio
Via Riviera di Chiaia 215, Napoli
Orari: dal lunedì al venerdì, dalle 10.00 alle 13.30 – dalle 16.00 alle 19.30. Sabato, dalle 10.00 alle 13.30