Costruzioni deformate da un sole ignominioso, viscere sempre più malate e una vegetazione metallica, istruita al cancro e alla morte. Tutte le forme in mostra presso la Galleria E23 sono forme di denuncia, espressioni di un dissenso che tutti conoscono, che ricordano a memoria, come può essere una filastrocca, cadenzata, come una celebrazione.
La personale, a cura di Stefano Taccone, è di Rosaria Iazzetta (Mugnano di Napoli, 1977), artista, da anni, investita da una necessità che si insinua nelle viscere di coloro che abitano quei luoghi noti come Terra dei fuochi. L’artista utilizza questa formula, la rende parte attiva di una produzione così attuale da diventare assillante, che allude di continuo a quell’argomento, a quella problematica, a quel solo fatto magistrale. Esiste, in effetti, una sorta di ansia cronachistica – ovviamente giustificata dalla presenza così ingombrante di una questione diventata morbosa, nel suo senso etimologico – per cui talvolta si concentrano i propri sforzi creativi sul dato meramente giornalistico. Ma, quali che siano le dimensioni di un fatto e della sua gravità, l’arte non vuole sentire ragioni: allora parlare in termini di necessità, di doverosa denuncia e politica affermazione di un’idea, ha probabilmente poco senso.
Il lavoro di Iazzetta è ben costruito e di buoni propositi, proposto, cioè, con un titolo intelligente, per cui l’accattivante immagine del “Sandwich” attrae, instilla il timore più grande che si conosca, quello per il cibo. Cibo cattivo, si intende, malauguratamente servito bene. E a questo timore segue poi la paura della riproduzione, supportata dal riferimento al biologo Bruce Lipton, il quale, per chiarire il procedimento che porta al nutrimento delle cellule, ha utilizzato proprio la fortunata immagine del sandwich. È una riproduzione malata ciò che più si teme in questi luoghi e ciò che più accade, il morbo si protrae come una maledizione genetica, in virtù di un accanimento alla vita laddove non ci sono i presupposti per la vita. È l’accanimento su una questione, l’ostinazione sopra un pezzo di terra ma eliminandone i riflessi più umani, quell’eco che, intorno, pure deve esserci, a rappresentare un punto debole.
È evidente una sorta di appartenenza a una scuola civile, un’abnegazione mai interrotta verso le proteste e le lotte intestine, che tuttavia appare come un controsenso, l’esatto opposto di quella viscerale immagine delle interiora che Iazzetta ha così precisamente realizzato. La neutralità di queste opere, poco impulsive, equidistanti dalla faccenda come solo un ottimo articolo di giornale può essere, conferma una sensazione di artificiale dissonanza, di lontananza da uno stato di natura. Resta allora una contrita paura per il futuro, dove il fremito ha poco spazio e così pure il lamento delle terre malsane per la malattia, che è la sola vera protagonista di questa infame questione. Le viscere sono colpite da un cubo metallico che, in effetti, le schiaccia, le annulla completamente, come un marchio tumorale, mettendo a tacere una sonorità che pure esiste, sincopata ma viva.
Elvira Buonocore
mostra visitata il 21 Gennaio 2016
Dal 21 gennaio 2016 al 23 febbraio 2016
Rosaria Iazzetta, Sandwich
Galleria E23
Via T.G. Blanch, 23 – 80143, Napoli
Orari: dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 12, e su appuntamento