Pittura elettrica #1 è la prima delle due mostre che, all’interno di un progetto nato in collaborazione con Lorenzo Canova, si dedicano ad esplorare il continuo confronto tra pittura e tecnologia; l’inevitabile ricaduta della nuova imagerie dei media sulle forme d’arte più tradizionali che affascina, attira, potenzia (e qualche volta riduce a poche mosse) il panorama artistico contemporaneo. Alessandro Bazan, Marco Colazzo, Fulvio di Piazza, Stefania Fabrizi e Luca Matti sono i primi cinque artisti invitati, che si fronteggiano all’interno della mostra e presentano le diverse modalità di una pittura ormai al bivio tra immaginazione e simulazione, tra tradizione e futurologia.
Così, da un lato, l’arte intende marcare le proprie differenze ed assume nei dipinti di Alessandro Bazan (Palermo, 1966) il brivido di un immaginario a bassa definizione; una sensualità maliziosamente suggerita dal ritmo di un colore che prolifica, ma che non si definisce e che ritrova la vivezza della pittura-azione malgrado sembri ricalcare effigi e sequenze filmiche o fotografiche. Analoghi, seppur stilisticamente diversi, sono i risultati ottenuti da Fulvio di Piazza (Palermo, 1969) che sul ponte gettato tra surrealismo e metafisica è passato per far proprie la descrizione attenta e l’enigmatica combinazione degli oggetti; un realismo a volte ipnotico che rientra appieno nella logica dell’estetica corrente ma che conserva il suo carattere narrativo, un po’ fiabesco, e crea un corto circuito tra visibile ed invisibile, tra realtà e sogno.
Marco Colazzo (Roma, 1963) e Stefania Fabrizi (Roma, 1958), invece, licenziano i colpi di pennello e i messaggi visionari per una pittura fatta di sagome luminescenti ed ingannevoli. La mimesi illusionista che vive nella vivacità dei colori, negli effetti cangianti di luci ed ombre e nell’ambiguità spaziale e percettiva degli oggetti.
Più che un dipinto il quadro sembra un diaframma, uno schermo vibrante di un’energia quasi elettrica che attira l’occhio dello spettatore, lo seduce, e gli rivela l’immaginario illusionistico, spettacolare, e un po’ nauseabondo della realtà mediatica quotidiana.
Al quadro come immagine fissa, poi, si affiancano le potenzialità narrative del lavoro di Luca Matti (Firenze, 1964): nei territori ibridi fra pittura e lavoro d’animazione, su pochi e scarni segni monocromatici, s’innesta il dinamico e talvolta ripetitivo movimento dei due lottatori. Una sequenza d’azioni che diventa lo spunto per reinventare un mezzo e per infondere alla pittura la vivacità visiva e descrittiva delle immagini elettroniche.
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marianna agliottone
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Altro che pittura elettrica... pittura morta... c'è anche un certo odorino...!!!
topo gigio, quella non è la pittura, e non è il formaggio, sono i tuoi piedini...o la tua crema ascellare...