Venerdì 26 ottobre 2001 è stata inaugurata la collettiva “Psyco-Bobble”; gli artisti che espongono sono accomunati dallo svelare il lato romantico della contemporaneità.
Emmanuelle Antille è nata a Losanna nel 1972.Nel 1997 si è iscritta alla Rijksakademie di Amsterdam, dove ha cominciato a produrre molte delle sue video-installazioni. Il doppio e l’alienazione le tematiche maggiormente affrontate dall’artista. Le immagini video presenti in galleria mostrano una donna di una certa età ed una ragazza sui trenta che vivono nello stesso appartamento. Dopo poco diviene evidente che si tratta di madre e figlia. Ciò trapela dalle attenzioni, a tratti morbose, della donna adulta. La donna mette la figlia a letto, le mordicchia le gambe, le lava la schiena. Le due vivono la città simultaneamente: quando esce l’una, esce anche l’altra. Rientrano insieme e fanno sempre ben attenzione a chiudere tutte le porte dell’appartamento, ma ce n’è sempre una aperta da chiudere ed il sottolineare verbalmente la cosa sembra quasi una litania. Il video è permeato da un delirio soffuso che culmina nel chiedere a voce molto alta, ripetutamente, l’arrivo della notte. Si tratta della madre che, abbracciando un albero, urla vicino casa. In sottofondo musica disco abbastanza recente: si sente anche una canzone di Rita Pavone. Il video sembra ambientato in Olanda, ma i personaggi, pur avendo un accento straniero, recitano in italiano con sottotitoli in inglese. Se non fosse per l’accento, difficilmente si capirebbe l’origine della donna. Ciò che risulta chiaro è semplicemente il suo essere morbosamente mamma.
Yang Fudong si è laureato all’Accademia della Cina nel 1995 e vive e lavora a Schang-Hai. Quest’anno ha partecipato alla Triennale di Yokohama in Giappone e alla Biennale di Istambul in Turchia. Nel periodo in cui frequentava l’Accademia era molto interessato alla fotografia. Dopo la laurea l’interesse si è spostato alle pellicole, cosa che considerava non facile, ma, più sognava di farne una straordinaria, più cresceva il suo desiderio di riuscire nel suo intento. Nel 1997 decise di fare il suo primo film. Era in bianco e nero, 35 mm della durata di 70 minuti circa. Yang ancora oggi non lo considera finito. Parlando del video in mostra, afferma di aver voluto ricreare il rapporto dell’uomo con la città; il suo desiderio di nascondersi, di rifugiarsi nell’intimità delle mura domestiche restando pur sempre consapevole di essere parte integrante della metropoli. Scene di interni si alternano, infatti, a scene d’esterni. Si vedono due uomini che si alzano o vanno a letto insieme; se l’uno porta l’ombrello, l’altro ne ripropone il gesto, ma anche scene più “violente” come sparatorie.
Espone anche tre foto dove tre coppie si relazionano con l’eternità di altrettanti bonsai.
Immediata e lineare l’immagine dell’occhio gigante di Mariangela Levita. E’ nata ad Aversa (Caserta) nel 1972. Vive e lavora a Napoli, dove ha frequentato l’Accademia di Belle Arti. E’ stata presentata l’anno scorso proprio dalla galleria Raucci/Santamaria alla Mostra “Castelli in aria” a Castel Sant’Elmo. Espone in questa collettiva un’enorme tela dai colori accesi: giallo, arancio e, per contro, bianco e nero che tracciano l’idea di un enorme occhio.
J. P. Munro è un giovane artista americano, affascinato dalla storia dell’arte europea. Ripropone su piccoli supporti dipinti classici, quasi fossero ripresi dai testi, più che osservati dal vivo. Questo lascia pensare all’influenza europea mediata sulla cultura americana.
Paulina Olowska ha 25 anni; come Emmanelle Antille, ha studiato nella prestigiosa Rijksakademie di Amsterdam, in Olanda (fino al 1998). Vive e lavora a Glasgow. Nelle opere esposte è evidente il suo interesse per il modernismo. Cita spesso abiti o opere degli anni ’40.
In Grande Pollock ripropone un’opera di quest’ultimo su di una piccola tela. Ha questo titolo perché la grandezza dell’opera di Pollock è resa evidente dalla presenza di una piccola figura di donna.
L’artista afferma che le sue citazioni, a volte, sono volutamente sbagliate: come i gocciolamenti che sono rappresentati di grandezza superiore al reale.
Anche Cathy Wilkes vive e lavora a Glaskow. Espone due piccole tele, un materassino molto vecchio e dei bastoncini di legno che danno l’idea di un essere disteso. Utilizza oggetti gettati via, e proietta sulla fragilità di questi ultimi i suoi sogni e le sue idee sulla complessità dei rapporti umani.
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Genny Capitelli
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