Stipato nel suo asettico completo verde, l’omino che
quotidianamente incontriamo alle uscite d’emergenza, sulle scale anti-incendio,
in fila ai bagni pubblici corre verso il nuovo, rendendo il se stesso di ieri
subito obsoleto, superato, vecchio. Ma la sua è una corsa vana, costretto com’è
a girare in tondo, a meditare su passi già compiuti.
Running Man è un’opera paradigmatica dell’egiziano
Hany Armanious (Ismalia, 1962; vive a Sydney),
al suo debutto europeo, se audacemente pensata come autoritratto d’artista. Robivecchi
del contemporaneo, si muove vigile tra corridoi di cose dismesse. Ma il suo non
è un recupero in piena regola, bensì un furto fugace al tempo: le opere,
infatti, sono realizzate non con oggetti, ma mediante l’
assemblage di calchi dei medesimi, ottenuti
con impasti di resina e scelti prima che la loro necessità d’esistenza si
consumi definitivamente.
Una certa finezza e competenza tecniche lascerebbero ipotizzare
qualche legame con l’iperrealismo ma, a ben vedere, questo rapporto non va
oltre un’affinità di metodo, perché se la falsificazione dell’iperrealismo è
finalizzata proprio a denudare le alterazioni e gli artifici del reale, nelle
opere di Armanious si assiste a un capovolgimento del processo di
riproducibilità: non è più la modernità a fagocitare l’arte nei suoi meccanismi
seriali, demistificandola, ma è la realtà che – attraverso un tentativo di
scomposizione prima e composizione poi – viene riqualificata mediante il gesto
d’artista.
È invece l’analisi delle possibili forme d’espressione
artistica lo strumento che
Norbert Schwontkowski (Brema, 1949) utilizza per
condurre un personalissimo scandaglio dei rapporti fra arte e contemporaneità.
Lo mostra bene la serie dei monotipi, ottenuti facendo aderire una tela
dipinta, ancora fresca, su un foglio di carta; alla stregua della pittura
informale, la materia viene esibita e simula la realtà (che, guarda caso,
coincide con l’opera) nel suo divenire. Ma l’indagine del tedesco non ha nulla
di rigoroso, è condotta senza scrupolo filologico, piuttosto con fare
divertito, giocoso, ironico.
Il risultato è un’opera come
Surrealistenstammtisch, dipinto in cui le atmosfere
opprimenti e sospese di tanta pittura metafisica si stemperano nei particolari
minuti che sembrano ricordare
Bosch (suggerito, per associazioni d’idee, dalla scritta che
campeggia sul frigo bianco). Lo stesso dicasi per
Aquilea o
Nachtschwimmen, paesaggi che riscoprono la
quiete e il romanticismo di gesti semplici, quotidiani.
Una pittura scevra di istanze moralizzatrici, dunque,
risolta nei suoi legami col mondo d’oggi. Riproduzione = riproposizione: l’aura
benjaminiana sembra ripristinata per paradossi.