Ipogeica, profonda o di base, meteorica o litosferica, in bottiglia di vetro e con aggiunta di anidride carbonica, l’acqua è presente nei miti di tutte le culture, elemento primario delle cosmogonie e delle rappresentazioni collettive, metafora dei concetti della vita e della morte. Non male, per un composto senza colore e sapore. In realtà, l’acqua è molto più complessa di quello che sembra e, tra le altre cose, ha una forza di aggregazione tale che permette alle gocce di aderire fortemente tra loro, per scorrere in flusso continuo. Una coesione invincibile, del tutto simile a quella che Giuseppe Manigrasso (1946) ipotizza possa esistere tra l’uomo e la donna.
Così, nella mostra curata da Diana Gianquitto, il principale liquido costituente del corpo umano diventa una superficie allegorica e perfettamente adattabile all’immagine del concetto archetipico di unione che, in dolce stil novo, si chiama amore. Inteso in ogni declinazione, dal materno all’omoerotico, a prescindere da epoche e culture.
L’acqua è l’elemento fluido che si innesta tra le sculture in esposizione, stagnando in piccoli recipienti nei quali diventa habitat, ricreando l’atmosfera rassicurante del focolare. Queste composizioni, armonizzate da un impianto coloristico coerente e dalla simmetria tra le parti, sono strutturate da nude combinazioni di legno, terracotta, ferro e ceramica. Oltre all’aspetto dell’object trouvé – consolidato dalla concretezza dei materiali, tutti prelevati dal quotidiano e levigati dall’uso, da bottiglie a calzascarpe, passando per stampelle e caffettiere – l’impianto figurativo emerge come una presenza evidente. Infatti, la disposizione surreale diventa scenografia intima, uno sfondo di simboli domestici nel quale agiscono figurine antropomorfe, «simili alla Mater Matuta, la dea del mattino protettrice delle nascite», ha detto Gianquitto, che si incontrano, si stringono e, in alcuni casi, si fronteggiano con ostilità. Allora, emblemi della violenza fisica e della sofferenza psichica, come freudiani coltelli arrugginiti e iconiche pose di crocifissione, si insinuano in questi ambienti dell’imago familiare, sacrificandone la coesione con le loro sagome opprimenti. Rivelando quel lato di oscurità che può nascondersi in qualunque rapporto, sotto forme diverse e difficilmente riconoscibili.
Mario Francesco Simeone
mostra visitata il 31 marzo
Dal 27 marzo 2015 al 24 aprile 2015
Giuseppe Manigrasso, Acqua
Al Blu di Prussia
Via Gaetano Filangeri, 42
80121 Napoli
Orari: dal martedì al venerdì, dalle 17.00 alle 20.00; sabato, dalle 10.30 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 20.00