Artista-collezionista, regista curioso e sperimentale. Sceglie un’installazione site specific
Dan Rees (Swansea, 1982) per il suo debutto sulla scena napoletana. Ragionando sulla percezione dello spazio vuoto -quello particolare di un angolo fra due pareti- Rees inserisce lo spazio stesso della galleria entro un circuito filmato di due minuti, dando una visione complessiva dall’effetto caleidoscopico. Apparentemente è un gioco per bambini con un’inclinazione per la geometria quello di posizionare tre proiezioni su altrettante pareti dell’ambiente espositivo. La prima rappresenta l’angolo, la seconda mostra una visione che somma la prima ripresa con un secondo punto di vista -quello dell’angolo stesso- e, infine, la terza documenta l’attività delle prime due. In realtà,
Something to Fill That Empty Feeling non è un’indagine focalizzata sul mero aspetto geometrico. Va oltre, verso uno spazio lasciato libero per le emozioni; uno spazio “colmato” dalla ripresa in sedici millimetri in continuo divenire, un loop alienante e accompagnato dall’assiduo ronzìo dei proiettori.
Se la vena da regista concettuale di Rees pulsa nell’atteggiamento critico con cui prende corpo la dimensione del riempimento dello spazio, attraverso la sua visione tremolante (importante è il rifiuto del digitale, in quanto il giovane anglosassone non ama alterare e perfezionare l’immagine), una sofisticata ironia si sprigiona in recenti video non presenti in galleria.
Variable Peace vs. Jonathan Monk è parte di una serie che prevede azzardate partite a ping-pong su un tavolo simbolo dell’arte concettuale, come spiega Adam Carry; mentre
My Family and Other Animals è una
“mescla” di 74 immagini di animali confuse tra quelle dei membri della famiglia dell’artista.
Frammenti degli oggetti più disparati -un boccale di birra, un pianoforte, la facciata di un edificio inglese- costituiscono la serie di sei fotografie
Black and White things in Black and White che accompagnano questa personale. Nelle frasi ironiche, nell’appropriarsi di opere altrui, come in
A cup of Tea with Gavin Turk, modificato con l’aggiunta di una velatura di acquerello, sembra emerga lontana l’eco degli aforismi di un intellettuale istrionico come il compatriota Oscar Wilde. Il gusto di collezionare trova infine piena concretizzazione in
Home for Lost Ideas, una raccolta di progetti mai realizzati, raccolti da Rees e che saranno pubblicati in volume nel 2008, con il supporto dell’Arts Council of Wales e dell’Elephant Trust.
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arte stitica per collezionisti anoressici.