Dopo il recente lavoro esposto al Macro di Roma, Nanni Balestrini approda a Napoli. A presentare Sfinimondo -suo ultimo lavoro letterario e titolo della mostra- in galleria sono presenti i poeti Ottonieri e Baino, il musicista Enzo Nini, per una serata in cui si fondono performance poetica e installazioni.
“Il destino della modernità sta nello sprofondamento del significato” leggiamo nella prefazione di Pietro Cataldi alle poesie di Balestrini “la poesia fa male, la poesia è l’apocalisse del linguaggio…” è il testo che emerge dalle opere della prima sala, in cui campeggia al centro una enorme colonna verbale sulla quale, come sulle antiche colonne romane che magnificavano i trionfi imperiali, si srotola la celebrazione della forza distruttiva della poesia. Affermazioni che introducono lo spirito di un’operazione che mira al recupero della parola come mezzo di provocazione e di riflessione critica. In un’altra sala, incombe sulle teste dei visitatori, un enorme cubo che non è altro che un mappamondo trasfigurazione del mondo moderno, globalizzato e caoticamente frantumato.
Sulle pareti della sala un collage ripercorre gli orrori della guerra in Iraq e introduce alla sala successiva con l’installazione intitolata Nuova Babilonia, dal nome della missione italiana in Iraq. Qui la diaproiezione di un paesaggio di guerra dilaniato dalle esplosioni, fa da sfondo a una stele, identica a quelle proiettate, su cui l’artista interviene con una scrittura cuneiforme, mentre viene trasmessa una registrazione audio del Racconto del Diluvio, recitato dallo stesso artista. La mostra si compone di richiami continui tra la storia della civiltà e la modernità.
La parola viene recuperata come atto visivo originario e come scrittura pubblica che parla dalle colonne e dalla steli e si rivolge alle masse per risvegliarle dallo stato di passività in cui versano. Il percorso frammentario che si dipana nelle sale della galleria assume modalità non facilmente narrative; la confusione generata dal montaggio di immagini e parole diverse, invita lo spettatore, scopritore di una scrittura scomparsa, a un faticoso lavoro di decifrazione. Il percorso è un cammino verso la catastrofe in cui colonne e steli non stanno più in piedi e una civiltà si frantuma difronte alla barbarie contemporanea. Il discorso artistico finisce per arricchirsi di significati politici in cui riaffiora l’identità personale dell’artista, spinto dal tentativo di ribellione in cui prevalgono le istanze rinunciatarie.
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