A ottant’anni di distanza dalla pubblicazione de L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, il famoso saggio di Walter Benjamin in cui il filosofo tedesco si interroga sul ruolo delle nuove tecniche di produzione, riproduzione e diffusione dell’immagine e sulla loro massificazione, la riproducibilità tecnica ha superato di molto le aspettative. Parafrasando il titolo del saggio potremmo parlare oggi di “realtà” nella nuova epoca della sua riproducibilità tecnica. Il progresso tecnologico, a partire dalla fotografia tradizionale fino alla sua digitalizzazione, ha permesso alla rappresentazione dell’immagine dal vero di apparire sempre più reale e perfetta. Lo strumento della macchina fotografica, superati i limiti di strumento ingombrante, costoso e non immediato è, a oggi, lo strumento sempre a portata di mano e di click. La realtà appare filtrata dall’occhio fotografico prima ancora che dall’occhio umano. Spetta adesso ai fotografi il compito di interrogarsi sul nuovo ruolo che l’immagine e la sua rappresentazione sta assumendo.
Camillo Ripaldi (Pomigliano d’Arco 1970) è tra questi e lo fa con ironia e schiettezza, nella mostra “Questi fotografi non sono io”, curata da Marco de Gemmis, a proseguimento dell’ampio progetto sul contemporaneo a cui Museo Archeologico si sta dedicando. Il titolo della mostra ci rivela con immediatezza la personalità del fotografo, anticonformista e antiaccademico, che rifugge a tale categorizzazione semantica e che, in modo non convenzionale, utilizza il mezzo artistico per stravolgerlo e rinnovarlo.
Nata dall’idea di ricercare nuove prospettive e nuove percezioni, la mostra è la sintesi di un percorso intrapreso da Ripaldi quattro anni fa e caratterizzato da sperimentazione e innovazione. Venti scatti, dove protagonisti sono gli ambienti museali e le sculture e in cui, trasgredendo a tutte le regole formali della corretta prassi fotografica, l’artista agisce sul centro visivo, attraverso l’utilizzo di un filtro, restituendoci una visione sfocata e disturbata dell’immagine. L’attenzione dello spettatore è quindi rivolta verso i margini nitidi che delimitano la fotografia, dove emergono i dettagli delle opere che, il più delle volte, attraverso una semplice fotografia, passerebbero inosservati.
Siamo guidati verso una più intima riflessione anche grazie all’aiuto di ironiche e irriverenti didascalie che accompagnano alcune fotografie e dalla presenza curiosa di un omino fumettoso che, impersonando il ruolo che potrebbe essere quello di ognuno, ci permette di osservarci con distanza e autocritica. Emblematica la didascalia «Numerosi fotografi, specialmente d’arte, restano fedeli al bianco e nero», a dimostrazione della sua capacità di guardare a se stesso con la giusta distanza, per innescare uno stimolo a una diversa percezione della realtà e a una maggiore consapevolezza nel nostro sguardo.
Annachiara De Maio
mostra visitata il 26 maggio 2016
Dal 21 maggio al 26 giugno 2016
Camillo Ripaldi, Questi fotografi non sono io
Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Piazza Museo Nazionale, 19 – 80135 Napoli
Orari: dal mercoledì al lunedì, dalle 9.00 alle 19.30
Info: man-na@beniculturali.it