Ponticelli (Napoli) Case Popolari – Poggioreale (Napoli) Centro Sportivo – Ponticelli (Napoli) Sopraelevata – Vomero (Napoli) Belvedere dei Capri – Ponticelli (Napoli) Uscita della Tangenziale. Da immaginare col sottofondo d’arpa di
Paradisi; quello, per intenderci, del vecchio
Intervallo Rai.
Sono questi i siti dell’
Incompiuto Campano – opere di edilizia pubblica iniziate e mai ultimate – presi di mira da
Alterazioni Video durante il workshop tenuto in città, nell’ambito del progetto
Il Sabato delle Idee, nato dalla sinergia tra il Pan, la Fondazione Sdn e l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa.
La tappa partenopea rientra nella ricognizione sul non-finito architettonico che il collettivo meneghino porta scrupolosamente avanti dal 2006 – tanto da aver redatto persino un manifesto – tracciando una mappatura dello stivale, che s’infittisce (quale novità!) al Sud, visto che su cinquecento incompiuti contati,
appena tre quinti si trovano in Sicilia, con Giarre capitale d’Italia.
Le premesse indurrebbero a pensare a una vocazione schiettamente politica della ricerca. Il fine ultimo non è però la denuncia e la contestazione – sebbene l’ignominia delle amministrazioni emerga in maniera eclatante, senza necessità di puntualizzazioni – ma la definizione etica ed estetica di uno
stile, quello che nella
Fenomenologia redatta dalla “banda” della Wu Ming Foundation, teoricamente solidale al gruppo, è descritto come il “
racconto di un mondo e di un tempo attraverso una cifra, un segno, una griffe, una coerenza interna”.
Un profilo stilistico da disegnare però a livello concettuale, non strutturale. Poiché il
trait d’union tra le varie architetture non sta nell’omogeneità delle forme e dei caratteri, che sono al contrario anarchici e indefinibili, ma nel loro farsi simbolo, nel loro configurarsi come non-luoghi, non avendo mai assunto quella funzione per cui in origine sono state concepite e lautamente finanziate. Tant’è che, in un’ipotesi di recupero di tali strutture, non è corretto parlare di rifunzionalizzazione come avviene per gli edifici industriali dismessi, ma di risignificazione, poiché “
nascono già come rovine”.
Dunque, preservare la memoria di questi spazi, indurre la collettività a relazionarsi a essi consapevolmente e non soltanto involontariamente, modificarne il senso senza snaturarne l’ossatura sono gli elementi che emergono dalla documentazione prodotta durante i sopralluoghi napoletani ed esposta in mostra. Affinché questi muti aborti di cemento comincino a comunicare, diventando magari catalizzatori di socialità, punti di aggregazione e, perché no, discoteche, resort, cinema e piste sciistiche.
In fondo, quando c’è lo zampino di Alterazioni Video tutto diventa plausibile. Anche tentare l’intentato e compiere l’incompiuto.
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Il lavoro più falso e parac*** dell'ultimo lustro!!
basta con ste recensioni e con queste mostre da quattro soldi
fate schifo!