A Napoli, quando piove, non ci sono mezze misure. Per qualche precisa combinazione meteorologica, quasi sempre le precipitazioni assumono la portata di temporali monsonici, cateratte grondanti di ettolitri di acqua e di decibel assordanti, mentre quella pioggia fine e continuata, tipica di certe atmosfere melanconiche, si vede di rado. Dopo, sulle strade, rimangono articolate mappe idrometriche, depressioni improvvise e beffarde che attentano non solo alle scarpe del passante ma anche agli altri indumenti situati ai piani nobili. Le pozzanghere si adattano alle asimmetrie del suolo nascondendone le insidie topografiche, appianando i dislivelli dell’asfalto rovinato, sostituendo i sanpietrini saltati.
Questa superficie di illusioni liquide diventa una plastica molto estetica in Depression Elevation, di Daniel Knorr (Bucarest, 1968), una serie di calchi dalle forme indefinite e dai colori accesi, esposti in occasione della sua terza mostra per la Galleria Fonti. Come un archeologo dell’effimero, Knorr percorre i piani dell’attraversamento ricercando il punto di stratificazione, il momento in cui il flusso si è cristallizzato in una forma. L’usura delle strade e dei marciapiedi viene seguita come una traccia, una sconnessione in cui si intersecano il movimento sociale e l’effetto del caso, dove le persone e le strutture interagiscono consumandosi. Queste orme del quotidiano, prima ricoperte dalla pioggia stagnante che ne blocca il decorso, vengono poi rilevate dalla resina per la trasmutazione in opera. L’artista rumeno, da anni a Berlino e perfettamente padrone della lingua italiana, ricalca tale scabrosità del reale con una materia lucida e seducente, nascondendo l’impressione del visibile dietro la patina scintillante dell’opera. L’aura di un’opalescenza immediata si riflette sulla superficie perfettamente liscia e, sotto questa memoria piana dell’acqua, oltre la patina verticale e colorata, si intuiscono le irregolarità e le porosità del paesaggio urbano.
Anche in Capillaire, il secondo gruppo di opere esposte, una sostanza precaria, volatile, viene concretizzata e resa elemento estetico. I capillari sono vasi sanguigni sottilissimi che costituiscono una fitta rete e attraverso le cui pareti si operano gli scambi di ossigeno, anidride carbonica, materiali nutrienti e di rifiuto tra il sangue circolante e i tessuti. I Capillaire di Knorr sono tubi di resina acrilica che, disposti in cerchio, svettano sinuosi dal pavimento della galleria, come estroflessioni biologiche del corpo dell’architettura. Al loro interno, ben sigillate, sono custodite diverse tipologie di veleni e sostanze tossiche – dal gas lacrimogeno ad agenti abortivi, dall’arsenico all’estratto di belladonna – che, per Knorr, sono strumenti più che simbolici delle strategie di controllo.
L’utilizzo di sostanze velenose è una questione molto dibattuta nella storiografia. È ormai appurato l’impiego dell’iprite da parte dell’esercito italiano durante la guerra in Etiopia, mentre la teoria dell’avvelenamento di Napoleone sembra essere stata smentita dalle ultime analisi. Invece, rientrerebbero nelle opinioni complottiste le fantasiose ipotesi sul coinvolgimento del governo degli Stati Uniti nella diffusione dell’HIV.
Osservando il vuoto contenuto in queste eleganti serpentine, attraverso trasparenze appena attenuate da venature di colore, ci si chiede se veramente l’opera sia composta dal veleno, se sia ammissibile uccidere per ragion di potere.
Mario Francesco Simeone
mostra visitata il 2 ottobre
Dal 2 ottobre al 27 novembre 2015
Daniel Knorr, Veni vidi Napoli
Galleria Fonti
Via Chiaia, 229 – 80132, Napoli
Orari: dal lunedì al venerdì, 11 – 14 / 16 – 20