Capitalism kills: una laconica scritta al neon, senza infarciture ridondanti in termini di forma e contenuto. Così appariva l’ultimo intervento di
Claire Fontaine (Parigi, 2004) in
Fate Presto, esposizione collettiva tenutasi a Salerno un anno fa. La scritta al neon
This neon sing was made by Franco Gobbo for the remuneration of one thousand seven hundred and fifty euros indica il compenso dato all’artigiano citato nell’opera per l’esecuzione di uno dei nuovi lavori visibili oggi negli spazi della galleria partenopea.
I media utilizzati dal duo franco-napoletano – frutto di un approccio formale derivato dal concettuale – sostanzialmente non cambiano, ma si amplia la ricerca che contraddistingue il loro passato lavoro, attento alla recente storia italiana e alle contraddizioni della società attuale. Il tutto ben gestito, con una dose d’ironica provocazione.
In questa mostra – che risulta a tratti una passeggiata confusionaria tra canne da pesca, acquari e ninnoli da mettere in bacheca – le coordinate del percorso si perdono volutamente, tanto che Claire Fontaine complica ulteriormente i link di congiungimento tra un’installazione e un video, scardinando i punti di riferimento con le
Directions, una coloratissima bussola rovesciata.
Rischiano però di perdersi anche i concetti alla base, poiché risulta difficile cogliere il passaggio poco bilanciato che va dall’analisi del valore dell’idea dell’artista, la realizzazione dell’artigiano e il rapporto tra questi due soggetti e il mercato del collezionismo, che viene messo in discussione attraverso le tre installazioni al neon (dove torna quindi quel capitalismo che, nella scelta o meno di un’opera, determina l’esistenza di un artista). Il tutto complicato dall’acuta interpretazione che il duo fa del Feng Shui, antico metodo di divinazione che trae auspici dai segni tracciati sulla terra, ancora oggi utilizzato in Cina.
Quest’arte geomantica stabilisce dove e come costruire un edificio, favorendo quella prosperità che s’incarna nella ricchezza. Benessere diventa sinonimo di
Mask, tavole realizzate da artigiani messicani, dove alcune donne sottostanno all’imperativo categorico che sponsorizza una giovinezza a ogni costo, grazie all’elisir di lunga vita delle maschere cosmetiche e a una virilità rimpolpata da
Spam painting, preziose caramelle azzurre alias blister carichi di viagra.
Messa al bando la ricchezza spirituale, nei
moderna mores della società globalizzata quella materiale è favorita da nove pesci in un acquario e da quattro cristalli sospesi per moltiplicare l’energia, mentre nel video
I l’identità dell’io coincide con l’i-Phone, pericolosamente distrutto in un gesto oltraggioso per chi lo percepisce come una nuova reliquia.
In questo scenario, chi paradossalmente trova forse una via di fuga è il clochard che ha ispirato
Untitled, un ingegno composto da una canna da pesca con un pendolo per attirare l’attenzione e ricevere l’elemosina. Quanto a
Passe-partout – emblema composto da un retino, orecchini, spille e ami -, aspettiamo di vedere cosa pescherà Claire Fontane nel prossimo video, in preparazione per la sede di piazza Amendola.