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12
gennaio 2010
fino al 28.III.2010 AfriCam Casoria (na), Cam
napoli
Si consiglia di entrare liberi al Cam, liberi dalle teorie e dalle mode dell’arte. Per riscoprire il piacere di affondare gli occhi nei colori vivi della materia. In un museo di quello stesso Sud dove cittadini e immigrati africani si sparano e fanno guerriglia. Al Casoria Art Museum, uno sguardo energetico sull’arte del continente nero...
È una ventata di freschezza proveniente dal sud la mostra AfriCam sull’arte contemporanea africana.
L’idea nasce dal desiderio di scoperta di Antonio Manfredi, direttore del museo
e curatore della mostra, che per la prima volta in Italia propone lavori di
artisti africani contattati personalmente in loco, senza intermediazioni di
galleristi o collezionisti privati.
Un video amatoriale su squarci di vita urbana, girato
dallo stesso Manfredi e proiettato all’ingresso, catapulta senza valige nel
continente nero, per avvisare che il viaggio è cominciato. Le opere allacciano
i punti più disparati dell’Africa: dal Sudan al Sudafrica, dal Kenya al Burkina
Faso, dal Congo al Ghana, e si fanno testimonianza dei diversi talenti
espressivi del luogo, dove – tra video, fotografia e scultura – domina il
colore della pittura.
“Un’occasione importante di apertura e integrazione sociale
attraverso la cultura”,
sostengono gli organizzatori, per sottolineare il valore aggiunto delle
differenze tra le diversità. Come hanno dimostrato le diverse associazioni (Medici
senza Frontiere, Associazione dei rifugiati di Napoli, Centro Sociale
Autogestito, Comunità di Sant’Egidio, Ufficio Immigrati della Cgil e altri) che
hanno appoggiato l’evento, dando un importante segnale di dialogo contro i
soprusi e i pregiudizi ancora tanto diffusi.
La carrellata di opere sprigiona energia creativa,
trasmettendo spunti immediati, politici e sociali, privati e pubblici, pur
sempre sgombri dei ben noti processi estetici e ideologici che hanno tanto
complicato e incartato il linguaggio dell’arte contemporanea. Sono immagini
semplici, spesso infantili, che sembrano collocarsi in una dimensione protetta,
al di là del tempo e quasi fuori dalla storia. Eppure con voci così potenti, capaci
di tradurre all’istante le più svariate percezioni dell’anima.
I nomi sono tanti. Alcuni, come George Lilanga, Joseph Cartoon e Kivuthi Mbuno, già noti; altri invece, fuori da
ogni orbita di diffusione strategica, contattati direttamente nella propria
terra, verso cui nutrono un profondo rispetto perché, come recita un detto masai,
“non è stata donata dai padri, ma prestata dai figli”.
È una mostra autentica, che ha la forza di rimettere in
sintonia col mondo e soprattutto con se stessi, regalando quella meravigliosa
capacità di straniamento di quando si è bambini. L’unica in grado di rivelare
senza sforzo l’intimità di tutte le cose. Picasso, ormai maturo, arrivò a dire: “Ho
imparato a dipingere come Raffaello; adesso devo imparare a disegnare come un
bambino”.
L’idea nasce dal desiderio di scoperta di Antonio Manfredi, direttore del museo
e curatore della mostra, che per la prima volta in Italia propone lavori di
artisti africani contattati personalmente in loco, senza intermediazioni di
galleristi o collezionisti privati.
Un video amatoriale su squarci di vita urbana, girato
dallo stesso Manfredi e proiettato all’ingresso, catapulta senza valige nel
continente nero, per avvisare che il viaggio è cominciato. Le opere allacciano
i punti più disparati dell’Africa: dal Sudan al Sudafrica, dal Kenya al Burkina
Faso, dal Congo al Ghana, e si fanno testimonianza dei diversi talenti
espressivi del luogo, dove – tra video, fotografia e scultura – domina il
colore della pittura.
“Un’occasione importante di apertura e integrazione sociale
attraverso la cultura”,
sostengono gli organizzatori, per sottolineare il valore aggiunto delle
differenze tra le diversità. Come hanno dimostrato le diverse associazioni (Medici
senza Frontiere, Associazione dei rifugiati di Napoli, Centro Sociale
Autogestito, Comunità di Sant’Egidio, Ufficio Immigrati della Cgil e altri) che
hanno appoggiato l’evento, dando un importante segnale di dialogo contro i
soprusi e i pregiudizi ancora tanto diffusi.
La carrellata di opere sprigiona energia creativa,
trasmettendo spunti immediati, politici e sociali, privati e pubblici, pur
sempre sgombri dei ben noti processi estetici e ideologici che hanno tanto
complicato e incartato il linguaggio dell’arte contemporanea. Sono immagini
semplici, spesso infantili, che sembrano collocarsi in una dimensione protetta,
al di là del tempo e quasi fuori dalla storia. Eppure con voci così potenti, capaci
di tradurre all’istante le più svariate percezioni dell’anima.
I nomi sono tanti. Alcuni, come George Lilanga, Joseph Cartoon e Kivuthi Mbuno, già noti; altri invece, fuori da
ogni orbita di diffusione strategica, contattati direttamente nella propria
terra, verso cui nutrono un profondo rispetto perché, come recita un detto masai,
“non è stata donata dai padri, ma prestata dai figli”.
È una mostra autentica, che ha la forza di rimettere in
sintonia col mondo e soprattutto con se stessi, regalando quella meravigliosa
capacità di straniamento di quando si è bambini. L’unica in grado di rivelare
senza sforzo l’intimità di tutte le cose. Picasso, ormai maturo, arrivò a dire: “Ho
imparato a dipingere come Raffaello; adesso devo imparare a disegnare come un
bambino”.
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a Casoria
ivana porcini
mostra visitata il 2 dicembre 2009
dal 5 dicembre 2009
al 28 marzo 2010
AfriCAM.
Contemporary art in Africa
CAM – Casoria
Contemporary Art Museum
Via Duca d’Aosta, 63a – 80026
Casoria (NA)
Orario: da martedì a giovedì e domenica
ore 10-13; sabato ore 17-20
Ingresso: intero €3;
ridotto € 2
Info: tel. +39
0817576167; mob. +39 3349399870; fax +39 0817576167; info@casoriacontemporaryartmuseum.com;
www.casoriacontemporaryartmuseum.com
[exibart]