Laureato in filosofia, Davide Racca (Napoli, 1979) ha già esposto in Italia e all’estero in mostre personali: alla Galleria du Tableau di Marsiglia nel 2004 e al Real Museo di Mineralogia di Napoli nel marzo scorso; sviluppando una linea di ricerca ispirata al fascino della poesia e della narrazione.
Simbolo pregnante di significati, l’albero non è più protagonista dell’attuale vita cementata eppure lo è nella sua opera. Scegliendo come “motto” una frase di Bertolt Brecht (“Che tempi sono questi, in cui parlare d’alberi è un delitto quasi”) e attingendo alle sorgenti dell’antropologia, Racca supera la concezione illusionistica della pittura e dipinge, direttamente sulle pareti, grandi ulivi dal rilievo schiacciato e dalle masse appiattite.
Il colore è un rosso intenso ma arido. Ogni particolare descrittivo è eliminato. L’opera è simbolica e riecheggia un mondo intimo, sentimentale. Che irrompe nello scenario minimalista e, sullo sfondo di vibrazioni sonore (ronzii che potrebbero appartenere a cicale o mosconi), introduce il visitatore in un’atmosfera da fiaba popolare.
La mostra, proprio come il saggio di Ernesto De Martino, è intitolata La terra del rimorso e rinvia ad una riflessione sulla terra, la psiche e i ricordi ancestrali che ognuno porta dentro.
In effetti, la lunga banda verticale che attraversa gli ulivi, separando i tronchi dalle radici, suggerisce vari significati: il contatto saldo con la madre terra, il passaggio ad un mondo “sotterraneo”. Tutto è simbolo nella fantasia di questo giovane erudito della filosofia. E parla della crescita, della vita e della rinascita avvalendosi di un unico soggetto: l’albero.
marianna agliottone
mostra visitata il 2 giugno 2006
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