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fino al 29.II.2004 | Hiroshi Sugimoto | Napoli, Museo di Capodimonte

di - 14 Gennaio 2004

Un’immersione spaesante tra luci e ombre. E’ questa l’impressione che si avverte osservando le fotografie di Hiroshi Sugimoto (1948). L’artista giapponese, formatosi artisticamente negli Stati Uniti, con le sue opere riporta lo spettatore al silenzio, alla trasparenza, alla bellezza non come atto estetico, ma come valore fondante dei sentimenti dell’esistenza.
Il percorso comincia nella prima sala con la serie dei Seascapes, le marine. Foto di distese di mare, di acqua che si congiunge al cielo, di orizzonti in cui l’occhio si perde. Sono immagini senza limiti, pensate per uno sguardo che vuole sfidare i propri confini, per oltrepassare le barriere della visione. Nulla deve intralciare il puro espandersi dello sguardo, che scivola uniforme e senza ostacoli sulle superfici rigorosamente in bianco e nero, dalle tonalità plumbee. Hiroshi Sugimoto - Last Supper
Nella sala successiva sono installate quattro grandi pannelli fotografici, immagini di edifici antichi e di architetture moderniste, identificabili solo dai titoli. Gli scatti sono quasi del tutto privi di riferimenti oggettivi. Pochi e minimali sono i dettagli. Nelle opere di Sugimoto le indicazioni di tempo e di collocazione geografica sono, infatti, elementi superflui. L’artista costruisce le sue fotografie sull’assenza, sull’impercettibilità dei limiti lasciando che solo la luce costruisca le forme di luoghi senza uomini, che tuttavia portano il segno della loro vita e della loro storia. In altre parole Sugimoto trova luoghi, ma fotografa non-luoghi, spazi conosciuti e penetrati così in profondità da rivelarne il seme dell’irriconoscibilità.
Si tratta di visioni più che di descrizioni. Ogni luogo appare nebuloso, evanescente, dotato di un’inconsistenza che, paradossalmente, lo intensifica. Dalle inquadrature impreviste e leggermente fuori fuoco, le immagini appaiono come sospese in una dimensione onirica.
Hiroshi Sugimoto - DianaNella sala conclusiva, la visione prima diafana diventa nitida. Sono esposti i grandi ritratti fotografici dai contorni marcati di Lady Diana, di Papa Giovanni Paolo II e i quattro pannelli dell’Ultima Cena. Non si tratta, però, di personaggi reali ma di statue di cera. Nella plasticità delle pieghe dei vestiti, delle pose dei corpi, vive la capacità dell’artista di riuscire a cogliere, con indubbia eleganza, la staticità e l’immutabilità. Costruite con le regole di un racconto minimale, Sugimoto mette in evidenza la struttura, la geometria rigorosa ed essenziale. Le sue foto esprimono la percezione dell’eternità, il sentimento fortissimo della continuità tra passato, presente e futuro. Discretamente e poeticamente, l’artista combina le idee meditative orientali con i temi della cultura occidentale, risvegliando l’incontro tra le due civiltà.
Stampate personalmente con una cura straordinaria e realizzate senza l’uso della tecnologia, queste fotografie sono raffrontabili alla pittura del passato più che alla fotografia istantanea di oggi. C’è un che di surreale, di mistico negli scatti dell’artista giapponese tanto che, osservandoli uno dopo l’altro, viene spontaneo restare in silenzio a contemplare.

lorena grieco
mostra vista il 7 gennaio 2004


Hiroshi Sugimoto
Museo di Capodimonte, Via Miano 2 Napoli
Orario: tutti i giorni ore 10.30-18.30; lunedì chiuso.
Biglietto: intero €7.50; ridotto €3.75
Dalle 14.00 intero €6.50; ridotto €3.75
La biglietteria chiude un’ora prima.
Info e prenotazioni: 848 800 288; dai cellulari 06. 39 96 70 50;
per le scuole 081. 741 00 67
CD Rom distribuito in mostra da Electa Napoli


[exibart]

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