Soffermarsi
en passant. È l’antinomia su cui si fonda la sfida di
Sistema Binario a cura di Eugenio Viola e Adriana Rispoli, sulla falsariga delle
Stazioni dell’Arte. Sdoganare la creatività dagli spazi deputati a ospitarla. Portarla in luoghi di transito per stimolare una fruizione inconsapevole. Hai visto mai che nel tran-tran degli spostamenti, sgambettando fra treni e tapis roulant, s’insinui un istante di meditazione. Per mimesi e antitesi dialogano opere e architetture, quella eclettica dell’antica stazione, quella high-tech della recente linea metropolitana.
Ravviva facciata e dintorni l’inglobante installazione degli
AfterAll (Silvia Viola Esposito ed Enzo Esposito). Pulsazioni cardiache in sincrono con la luce sanguigna proveniente dalla vetrata di coronamento. Speculare l’allestimento nei due atri, partenze e arrivi, che aprono e chiudono il percorso. Rispettivamente
Federico Del Vecchio colloca un bunker di piantonamento in cui aleggia una presenza invadente nella sua invisibilità e
Vincenzo Rusciano mette sotto teca la riproduzione d’una Ferrari. Retrovisori e portabagagli trasformano la F1 in una inutile utilitaria, inchiodata dal blindosterzo che impedisce la fuga.
Con quella prospettica si misura
Christian Leperino. Le rotaie del suo cupo
City-Scape sfondano una lunetta per catapultarsi in un paesaggio d’archeologia industriale.
Fa da contraltare la mezzaluna che
Sebastiano Deva usa come orbita oculare, proiettando un occhio che emana bagliori liquescenti.
Da una nicchia penzolano gli occhiali di
Corrado Folinea, le cui lenti sono impenetrabili gusci di cozze.
Maurizio Elettrico ne occupa due con totemici monumenti zoomorfi dal sapore panico. Eco decadente che ritorna nel verso rimbaldiano,
Je est un Autre, sugli specchi di
Maria Adele Del Vecchio come riflessione dell’individuo sull’individuo.
Cadenzato dalla voce filodiffusa di
Raffaella Crispino che, intonando refrain, racconta di attimi sospesi, nonché dai luminosi archi iridati con cui
Marcello Cinque segna la rotondità dei tunnel, l’itinerario si biforca. Verso la nuova piattaforma ferroviaria,
Walter Picardi intreccia le scale mobili con un camminamento per ipovedenti. Ai lati, manifesti in serie ritraggono soldati di plastica. Una cecità che spinge all’inerzia e alla reiterata colpevolezza.
Atemporale è il fronte-retro fotografico di
Moio&Sivelli (Luigi Moio e Luca Sivelli). L’ubiquità della protagonista, immortalata nella subway di Londra e Napoli, marca la conquista della valicabilità spaziale generata dalla globalizzazione. A questa si lega la destrutturazione di codici linguistici mediali che
Mariangela Levita scompone in simboli geometrici.
Sul versante opposto, emergendo dall’underground alla banchina, le opere sono allestite
open air.
La disposizione accorpata ne attenua però l’efficacia.
Rosy Rox annuncia convogli fantasma destinati alle capitali dell’arte, ma il binario tempestato di Swarovski diventa impraticabile. Sogno d’evasione infranto doppiamente per l’impossibilità di vidimare i ticket nelle obliteratrici di
Iabo. Sollevate ad altezza gigante, le macchine sono private della loro funzione legittimante.
Preleva dal preesistente anche
Anna Fusco. Un distributore di palline serba il suo
coeur perdu. Compravendita affidata a un fortunato giro di manopola. Mentre è un
Trapianto quello attuato da
Eugenio Tibaldi, che innesta frammenti di periferia. Accumulo di oggetti residuali che accomuna metropoli e hinterland nel segno del degrado. Tautologia declinata in versione eco-compatibile da
Gian Paolo Striano. La sua terrazza, che duplica quella su cui è situata, s’illumina con pannelli solari, invitando alla parsimonia energetica.
Perché tutto è provvisorio, rammentano le lancette di
Domenico Antonio Mancini. Immobilizzate da deflagrazioni terroristiche, sono segni d’una precarietà da tenere a mente nel ritmo serrato e serrante della vita.
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Portare l'arte fuori dei templi tra la gente, interessante...ma apprezzerei di più i treni in oraio. Questa mattina sono stata un'ora e mezza alla stazione, una sequela di annunci di ritardi, impossibilità d'avere rimborsi, maleducazione del personale. Se le ferrovie rappresentano davvero il funzionamento del paese....