Uno degli aspetti più problematici degli spazi che propongono arte contemporanea è trovare la formula giusta per invitare il “grande” pubblico a varcarne la soglia. Sembra che questa difficoltà sia stata superata in occasione della prima proiezione del nuovo lungometraggio di
Marinella Senatore (Cava de’ Tirreni, Salerno, 1977; vive a Madrid),
Manuale per i viaggiatori. Insieme al film si presentava anche la
Project Room, la cui programmazione curata da Gigiotto Del Vecchio e Stefania Palombo ha l’obiettivo di portare al Madre artisti
“non ancora troppo istituzionalizzati”, e al contempo avvicinare la città al museo.
L’interesse “popolare” per l’evento è presto spiegato: Marinella Senatore ha impiegato attori (trecento circa) e staff tecnico non professionisti, reclutati fra gli studenti della locale Accademia di Belle Arti, quelli che seguono i suoi corsi all’Università di Cuenca in Spagna e, soprattutto, coloro che si sono presentati al casting.
La stessa artista definisce il proprio un progetto di
“arte pubblica”. Intendendo con ciò un’arte volta al coinvolgimento e allo scambio, che si concretizza grazie alla partecipazione. Non arrivando a definire quest’operazione “didattica”, è tuttavia convinta che si possa facilitare l’avvicinamento del pubblico anche a generi ora meno popolari, come la videoarte e il film d’artista. Per questa ragione, le riprese hanno avuto la forma di un workshop aperto, come s’intuisce da alcune scene in cui entrano in campo fonici, scenografi e costumisti, rompendo il confine tra finzione e realtà.
Nei 45 minuti del film si alternano vari narratori che raccontano una storia popolata da numerosi personaggi:
l’acrobata del circo, la cameriera dell’hotel, la sarta, l’etnografo, il cuoco, la cantante russa, il vecchio bagnino. Una storia che gira intorno a una data e a un’ora: il 21 giugno 1977, quasi alle otto di sera. Che si tratti di fatti legati in qualche modo alla vita privata dell’artista o che invece siano memorie di storie sentite e tramandate, il racconto non si spezza nel passaggio da una voce a un’altra. Piuttosto, viene condiviso e diventa memoria collettiva. La fotografia sottolinea l’aspetto evocativo, a tratti visionario, di alcune immagini: un corpo steso sulla sabbia, gli utensili da cucina del cuoco, la sedia rossa del bagnino tra le onde, la donna con la cuffia bianca che attraversa il bagnasciuga.
Anche le parole dei due brani musicali, uno in bulgaro e l’altro in inglese, sono firmate da Marinella Senatore, mentre le melodie sono dei napoletani
Luca Toller e
Ivan Dalia.
“Mi interessa molto la capacità narrativa della canzone”, racconta l’artista. È questa infatti che spezza l’andamento del film, fino a quel momento caratterizzato da un’estetica tra il documentario e la fiction. Così, per alcuni minuti -il tempo di una canzone, appunto-, il film diventa un videoclip. L’immagine si sporca, sono abbandonati gli ambienti ricostruiti e pesanti, si conquista piazza del Plebiscito. La musica, orchestrale e cinematografica, si sostituisce alla recitazione.
Conclusa la melodia, non arriva la parola
Fine. Il racconto riprende da dov’era stato interrotto. Racconto che è l’aspetto più difficile da riportare, poiché non c’è un unico modo di leggere un film composto da mille storie che si articolano e restano aperte. E che continuano ad articolarsi nella mente di chi le ha ascoltate e seguite, lasciandogli il piacere di farle proprie.
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VIVA LA SENATUUUR!
gran bel film! Brava Marinella Senatore
e ti pareva che non c'era il napoletano commentatore di turno che si lamentava di un progetto sensato!
operazione ruffiana e opera noiosa... complimenti agli artefici
bravo augusto da milano. a napoli ci si lamenta sempre, comunque! un popolo di commentatori il nostro.