A luci spente, le pareti della galleria si animano di volti e figure che sembrano usciti da una lanterna magica d’altri tempi. Ma i contorni e le dimensioni sono perfettamente calcolati. Doppio IV e Vanitas sono alcuni dei titoli delle opere di Fabrizio Corneli esposte in questa sua seconda personale nello spazio napoletano, che riprende, a distanza di tempo, il primo allestimento del 2002. Per Platone il corporeo è “grave, pesante, terroso” e induce a una sorta di paralisi conoscitiva, a cui si accompagna la vertigine, la cecità, la meraviglia pietrificante. Quando avremo superato invece le apparenze sensibili, e questi loro effetti, avremo raggiunto il sapere certo dell’idea, avremo conseguito una vittoria sulla vertigine dell’apparenza, sulla precarietà e sul mutamento e su tutte le loro rappresentazioni ingannevoli. E’ su questa dicotomia tra immagine esterna, statica, e immagine interiore, dinamica e mutevole, che verte la ricerca visiva di Corneli.
Se la geometria euclidea implica la priorità delle idee sui fenomeni, e quindi è ancora “gerarchica”, la topologia è la scienza che assume la forme geometriche come fenomeni che, avendo uno sviluppo nel tempo, definiscono il divenire, e non più l’essere dello spazio, Ecco perché si può dire che il lavoro dell’artista è parmenideo: perché può essere fruito in una dimensione del tempo progressiva, che implica un passato, un presente e un futuro in continuo avvicendamento, a seconda della percezione individuale dello spettatore. Se poi aggiungiamo che il suo lavoro non è astratto ma è basato sulla figura umana, che è sempre riconoscibile in ognuna delle sue installazioni, ci rendiamo conto che l’assenza di tutte le cose torna come una presenza: come il luogo in cui tutto è oscurità, come una pienezza del vuoto o come il mormorio del silenzio.
Tutto ciò implica determinate possibilità di variazione, perché di solito sono possibili due diverse letture dell’immagine: quella creata dalla luce o quella definita nei suoi contorni, dall’ombra. In alcuni casi sono vere entrambe ed è l’occhio a scegliere di volta in volta quella predominante. Come in Doppio IV, l’immagine d’ingresso, realizzata con la tecnica di lamine sporgenti illuminate dal basso, visibile anche dalla finestra che dà sul cortile, è un omaggio alla diva Greta Garbo. Sulla parete di destra, un pettine modificato ad hoc, e illuminato da sotto, delinea il volto sorridente di Audrey Hepburn. Nella seconda stanza sono delle sfere di vetro trasparenti e perfette a dare vita a immagini classiche incise sulla superficie e deformate dall’illuminazione.
Il lavoro di Corneli appartiene a tutti gli effetti al campo della ricerca visiva, come studio sui procedimenti ottici e psicologici della percezione, l’assunto fondamentale è il medesimo: liberare il modo di vedere dai condizionamenti della consuetudine, in modo da abolire la distinzione tra sensazioni reali e sensazioni illusorie, permettendo così alla coscienza di utilizzare a parità di valore tutte le informazioni visive. Ma non bisogna pensare che tutto questo si risolva in un freddo procedimento scientifico, perché sia i soggetti, appartenenti ad una memoria universale, sia la realizzazione, quasi sfuggente e inconsistente, creano un ambiente suggestivo, dove lo spettatore si sente coinvolto nel mistero delle cose e della loro esistenza.
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