Il modo in cui una parola o un’immagine sono correlate al loro contenuto non è lo stesso: mentre è ovvio che un termine ha una relazione solo convenzionale con il vero oggetto (referente), il segno visivo sembra invece avere una somiglianza oggettiva. Ann Lislegaard indaga da sempre il rapporto che intercorre tra parola e immagine allo scopo di trovare una nuova connessione tra pensieri e oggetti o di creare un incessante gioco verbale in cui è l’immagine a generare la parola e viceversa. Questo “piazzamento” le dà modo di dimostrare che non c’è gerarchia tra significante e significato. Guardando uno dei suoi video proiettati in forma di trittico ci rendiamo
articoli correlati
Fiere resoconti – Art Rotterdam -Cruise terminal, Rotterdam
Le Repubbliche dell’Arte – Paesi Nordici Interferenze
maya pacifico
mostra visitata il 14 marzo
Alle Gallerie d'Italia di Vicenza, in mostra la scultura del Settecento di Francesco Bertos in dialogo con il capolavoro "Caduta…
La capitale coreana si prepara alla quinta edizione della Seoul Biennale of Architecture and Urbanism. In che modo questa manifestazione…
Giulia Cavaliere ricostruisce la storia di Francesca Alinovi attraverso un breve viaggio che parte e finisce nella sua abitazione bolognese,…
Due "scugnizzi" si imbarcano per l'America per sfuggire alla povertà. La recensione del nuovo (e particolarmente riuscito) film di Salvatores,…
Il collezionista Francesco Galvagno ci racconta come nasce e si sviluppa una raccolta d’arte, a margine di un’ampia mostra di…
La Galleria Alberta Pane, 193 Gallery, Spazio Penini e Galleria 10 & zero uno sono quattro delle voci che animano…
Visualizza commenti
Raucci/Santamaria più che una galleria sembra una portaerei temporaneamente parcheggiata a Napoli.
Ci puoi vedere questo e poi quell'altro artista straniero, tutti rigororosamente già formati, autonomi e indipendenti.
In città la galleria non ha mai messo radici, se non ricordo male hanno cominciato a lavorare agli inizi degli anni 90, siamo nel 2003 e non sono ancora riusciti a creare nulla che abbia un vero rapporto con la città in cui vivono e lavorano.
Chiariamoci, non che una galleria sia obbligata a farlo, ma così facendo del loro lavoro nel futuro non resterà nulla.