Damir Ocko (Zagabria, 1977; vive a Berlino e in Croazia) è
l’eccezione dello stereotipo dell’artista dall’aspetto scarmigliato, eccentrico
e dalle argomentazioni visionarie. Perché attento, puntuale e rigoroso (e anche
molto discreto), appare piuttosto un “ingegnere” dell’arte. Con una certa
lucidità e freddezza, controlla e verifica ogni cosa, lasciando poco spazio
“alla pancia”.
Particolari e aspetti che ampiamente si riflettono nei
suoi lavori. La cui attrattiva, per alcuni di essi, sta proprio nella
precisione con cui sono realizzati. Certo, un ruolo rilevante spetta anche alla
passione di Očko per la musica.
The Age of Happiness, il video da cui trae il titolo
la mostra, risente dell’opera incompiuta del compositore russo Alexander
Scriabin,
Mysterium. Un’opera che, letta con lo sguardo odierno, si potrebbe definire
multimediale e che all’epoca (ma anche oggi) era veramente utopistica: un
concerto sull’Himalaya, con coro, danzatori ed effetti visivi, della durata di
una settimana, dove anche lo spettatore era chiamato a partecipare, in una
sorta di esperienza purificatrice che lo doveva trasformare in un uomo altro.
In poche parole, la speranza che in qualche modo l’arte, e
la diretta esperienza in essa e attraverso essa, potesse generare un mondo
nuovo, aprire un’epoca nuova. La stessa fiducia condivisa da Očko. Oltre al
movimento rallentato dei protagonisti, al loro immergersi nella natura, alla
scansione temporale del racconto, alle persone rese come macchine viventi, il
recente video si avvicina molto a
The Boy with a Magic Horn, quello che immediatamente lo
precede. In entrambi c’è questo tempo sospeso e perpetuo, quest’ambientazione
artificiosa, questa natura sovrastante, seppur a volte mortificata.
Propedeutico al video, finanche parte integrante, è il
disegno. Come lo stesso Očko afferma, infatti, “
è importante saper pensare
anche con le mani”.
Inoltre, ciò che avvicina l’artista croato al compositore russo (vale la pena
ricordare che, fra le altre cose, Scriabin aveva realizzato una tastiera di
pianoforte colorata, per esprimersi con le emozioni che certi colori avevano la
capacità di suscitare, piuttosto che con le note) è anche la relazione che
esiste tra il suono e il colore. Ricorrente, nei disegni come negli spartiti, è
il cerchio, assoluto o concentrico, che acquista spessore per essere riprodotto
quasi all’infinito su numerosi fogli impilati.
Seppur possa apparire retorico come accostamento, quasi da
manuale, alcuni fogli del
Libro d’Artista (composto da 280 pagine) lo mettono in subitanea
dipendenza con l’altro grande artista russo,
Vassily Kandinsky. Ed è sicuramente nel
Libro che Očko riesce maggiormente a
dare espressione alla sua estetica, nonché alla sua spiritualità, per
l’utilizzo del colore, della sorpresa che ogni pagina riserva, della
scientifica costruzione di ogni foglio, che trasforma un dettaglio della pagina
precedente in qualcosa di inaspettato in quella successiva.