I lavori di Umberto Manzo non sono certo strutture rigide: un braccio, una gamba, un tronco possono disporsi a formare un circolo che gira intorno al vuoto. Uno spazio irreale in cui si uniscono pezzi di tela composti come un puzzle attraverso il tempo; è così che nell’anima si conservano i ricordi, è in quel luogo intorno a cui gira il corpo che sta la memoria. Ed essa non è una storia, né un’immagine unica, ma una serie di frammenti sotto forma di momenti di un passato già dipinto: disegni stracciati e disposti uno sull’altro a formare un impenetrabile muro. In realtà i lavori dell’artista raccontano la tragica ironia di chi si affanna quotidianamente a vivere per lasciare tracce di sé. Così, più che monumenti al ricordo, le teche di Manzo rappresentano l’impossibilità di trattenere la vita; l’atto stesso di strappare i fogli su cui si è disegnato, pensato o scritto, cancella se stessi, la propria storia. Con la stessa cura con cui il tempo
Umberto Manzo nella sua ricerca fugge dalla logica del corpo, dalle leggi della materia e del tempo, per andare incontro alla precarietà di un attimo, di un gesto: un disegno che scivola via, quasi senza volerlo, scoprendo il suo senso, l’immagine, il segno rappresentato, ma coprendo, come un flash istantaneo, tutto il resto del tempo vissuto. Ed è evidentemente un suo naturale modo di porsi rispetto alla vita visto che, anche l’ordine che ha deciso per i lavori esposti in questa sua personale, non segue una successione cronologica fissa ma si muove attraverso quel naturale processo della vita per cui certe cose ritornano e altre scompaiono travolte dal flusso; alcune diventano intuizioni geniali da approfondire altre restano appunti che si riprenderanno più in là. Così tra le sale si ha l’impressione di identificare dei “momenti marcatòri” che hanno generato nuove fasi e sembra di codificare segni appuntati per non dimenticare.
In questa poetica del frammento, della disunità del sé, pare incredibile poter godere di un’immagine, eppure la finitezza, la qualità e l’efficacia estetica del percorso di Manzo sono indubbie. Nelle pose plastiche, trattenute e definite delle fotografie, si legge un amore classico per la forma ed è forse in questo apparente contrasto che sta il senso di una tensione emotiva così forte e significativa.
articoli correlati
Umberto Manzo insieme ad altri artisti e ragazzi…“In Opera”
valeria cino
mostra vista il 7 giugno 2003
Nel Casino di Villa Torlonia, una mostra che restituisce uno spaccato di storia dell’arte da approfondire: in esposizione, le opere…
Lungo la passeggiata sul Rio Gambis, a Cavalese fino al 29 settembre, sei grandi opere di Antonella De Nisco raccontano…
La proposta culturale della Fondazione Musei Civici di Venezia si estende nell'entroterra, trasformando Mestre in un nuovo polo culturale
Il direttore creativo Francesco Dobrovich ci racconta la settima edizione di Videocittà, il festival che anche quest’anno accende la più…
Nella suggestiva Maison a Saludecio, Casati e Archivio Paolini, fucine del Rinascimento Culturale italiano per la tutela del patrimonio contemporaneo…
Intervista al Consigliere d’Ambasciata Marco Maria Cerbo, che ci ha raccontato la storia dei siti Unesco, dei panda cinesi e…