Non è una novità: si sa che realtà e apparenza non sempre coincidono. Lo ha scoperto anche Damien Roach (Bromley, Kent, 1980), artista british alla sua prima personale napoletana. Ma i protagonisti di questo assioma, nell’installazione site specific di Roach, sono i trapassi da una condizione all’altra all’interno della natura.
Ovvero, Departures: Partenze e trasformazioni. “Come le persone nella sala d’attesa di un aeroporto -spiega Roach- si trovano in un punto da cui si disperdono. Si lanciano come da un trampolino, verso qualcosa che li cambierà”. E così in questo gioco di giustapposizioni tra immagini che presentano un’evidente contiguità formale; le carte non si mescolano, ma sono architettate in un castello dalle pareti composte da diciotto custodie di vinili anni ’70. Mentre le copertine vintage dai colori aranciati (50% per la luce diffusa nella stanza, 50% per l’alterazione del tempo) riproducono sostanzialmente alcune atmosfere naturali.
Immagini di albe e tramonti al suono di Vaughan Williams, cieli nuvolosi di Tchaikosky, Love duets di Puccini, e ancora sonate di Debussy e Bach. Musica classica e natura, binomio perfetto per Roach. L’artista cerca, come un piccolo matematico, di “ordinare il rumore della natura e il suo disordine”. “E’ interessante –continua Roach- come la musica dia senso al rumore, creando una struttura che non sia emozionale ma matematica, come tra il suono di un pianoforte e il rumore di un tuono”.
Il caos primordiale che regge questo sistema si fonde per l’artista (che ha già fatto una capatina in Italia alla Biennale di Venezia 2005 nello spazio dell’Arsenale di Always a Little Further), alla ricerca dell’essenza delle cose. A questo si collegano le due dia-proiezioni a parete che completano l’installazione di Departures, in cui entro due sagome esagonali, con la velocità di un lampo, la mente coglie un ricordo lontano, o suggestionata da una foto in bianco e nero, innesca un rapporto di similitudini.
Può capitare quindi che la silhouette scura di alcuni rami si estenda nei bronchi di un polmone, o come accade nella seconda proiezione, dal guizzo di un fulmine che attraversa il sottile lembo del tempo, nasca addirittura il Mississipi, diramato nella piantina di una carta orografica.
Perché nel rappresentare il rapporto tra contenuti così distanti tra loro nella realtà, uniti da un punto di vista estetico, sorgano dalla complessità del presente una varietà di infinite combinazioni. Certezze assolute mai.
irene tedesco
mostra visitata il 9 maggio 2006
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