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Una figura coperta da un velo percorre la sacralità delle stanze private del Palazzo imperiale di Udaipur, nel Rajasthan. L’identico profilo nascosto esplora l’immobilità dei corridoi fitti di libri, della biblioteca della Royal Academy of Arts di Londra. Tra le pieghe del tessuto, nella presenza rarefatta delle cose, c’è
un’ambiguità silenziosa da lasciare intatta.
Per la sua prima mostra in Italia, a cura di Massimo Sgroi, Güler Ates (1977) espone due serie di fotografie – realizzate tra il 2012 e il 2013, tra l’India e la Gran Bretagna, dove attualmente vive e insegna tecniche di stampa digitale, al Royal College of Art – che intrecciano l’atmosfera evanescente di un racconto intimo e i temi più affrontati dalla storiografia contemporanea, dagli studi postcoloniali, una branca particolarmente sentita soprattutto nella ricerca politica e filosofica anglosassone, alla storia di genere che, in convergenza con l’antropologia e con la storia sociale, riconosce all’identità femminile il ruolo di soggetto nell’azione storicamente determinata. «Mi interessano i simboli attraverso cui posso interpretare la diversità delle condizioni sociali e culturali, in particolare della donna», ha spiegato Ates, la cui ricerca si concentra su quelle strutture della differenza resistenti tra gli stereotipi occidentali e orientali.
Così, nelle sue fotografie, tutto si gioca su un contrasto messo in dialogo, sul rapporto tra le zone chiare e lo sfondo scuro. Punti di luce si aprono tra il riflesso opaco delle vetrate e l’ombra delle scansioni dell’architettura rajput, macchie colorate tra le balaustre lignee e le linee rigorose dei dorsi dei libri, ordinatamente impilati sugli altri ripiani della biblioteca d’arte più antica di tutta la Gran Bretagna. I materiali, approfonditi da questo chiaroscuro, risaltano con una preziosità antica, immobile, «mi ispiro molto alla tradizione europea, soprattutto a quella fiamminga», ha specificato l’artista. In questi spazi della sospensione cronologica, dove la storia è fissata negli elementi architettonici e nei titoli impressi sulla carta, aleggiano sagome indecifrabili, nascoste o, al contrario, rese percepibili da un velo colorato, apparizioni antropomorfe la cui suggestione rimanda, immediatamente, alla complessità delle condizioni femminili, al rapporto del genere con i processi storici e sociali. Le figure velate sono particolari armonici negli spazi e si inseriscono nella stratificazione dei luoghi come elementi di raccordo, sanando le fratture. Güler Ates, con la leggerezza silenziosa di un’ipotesi visiva, ricorda che non esiste una disuguaglianza giusta o sbagliata e l’elevazione di un modello di civiltà è solo il prolungamento di un’impostazione coloniale, un atto semplicistico, banale, come spesso è il male.
Mario Francesco Simeone
mostra visitata il 15 maggio
Dal 15 maggio 2015 al 30 giugno 2015
Güler Ates, Il segreto nel silenzio
Galleria Spazio Nea
Via Costantinopoli 53 – 80138, Napoli
Orari: dal lunedì alla domenica, dalle 9.00 alle 2.00
Info: info@spazionea.it – 081451358