I campi profughi esistono da anni ma la storia di Idomeni ha un motivo in più per essere raccontata. Il campo è nato spontaneamente, in Europa, in un territorio a margine tra la Grecia e la Macedonia, e al mondo non ha nascosto nulla di ciò che significa vivere il blocco del confine delimitato dal filo spinato. Bledar Hasko (Gjirokastra, 1982), giornalista albanese che da 15 anni vive in Italia, ha negli occhi la luce delle persone che hanno visto molto, oltre a quello che può essere descritto, e ha deciso di riportare l’esperienza di Idomeni non solo con le parole del suo reportage ma anche attraverso le immagini. Così prende forma Il suo primo progetto fotografico, che si concentra nell’arco di una giornata, dall’alba al tramonto. La mostra, ospitata dalla galleria Movimento Aperto, è stata suddivisa in tre tempi, per tre diversi impatti conoscitivi della realtà complessa di Idomeni. Il primo momento è un video, pubblicato anche dall’Osservatorio Balcani e Caucaso, e proiettato nell’ingresso della galleria: le riprese sono lasciate grezze, con audio originale, senza montaggio, semplicemente messe in sequenza come sincera testimonianza della vita del campo. Come sempre, il girato riguarda le 24 ore del giorno, un giorno in cui il sole sembra non sorgere mai, dove le ore passano senza dare più la scansione del tempo ma tolgono solo un pezzo di umanità. Prendendo in prestito una parola dello scrittore Marcello Francolini, Hasko definisce i profughi “schiapoli”, ossia schiavi apolidi, perché vengono schiavizzati per tutto, ogni azione corrisponde a una fila di 10-15 giorni, alle 5 del mattino si trovano già in fila, per i documenti, per i viveri, per i vestiti.
La sala interna della galleria racchiude le altre due parti della mostra: una più intima, composta da 24 foto in formato 10×15, una per ogni ora del giorno, mentre sulla parete opposta si trova un allestimento con alcuni ingrandimenti scelti, inseriti su teli di plastica alla cui base è stata setacciata della terra, un’unione che genera anche un particolare richiamo olfattivo. La terra era una costante come la plastica che, durante il giorno, era stesa sul filo spinato per asciugarsi dall’umidità e dal fango della sera, quando veniva usata come coperte dai rifugiati. Tutt’intorno la scritta “clandestino” nelle varie lingue dell’Africa.
Idomeni è stato l’ennesimo tentativo di piegare l’umanità di persone in fuga dalla guerra civile, la guerra più brutta che si possa vivere perché quella in cui non si sa chi è il vero nemico, perché il nemico è tutto e tutti. Negli sguardi delle persone fotografate da Hasko, però, c’è l’animo di chi non si è arreso, la voglia di raccontare, di aprirsi e di mantenere la dignità, l’eleganza e il rispetto.
Michela Sellitto
mostra visitata il 15 giugno
Dal 9 giugno al 30 giugno 2016
Bledar Hasko, Il buio alla luce del sole
Movimento Aperto
via Duomo, 290/C – 80138, Napoli
Orari: lunedì e martedì dalle 17 alle 19, giovedì dalle 10.30 alle 12.30, e su appuntamento
Info: 333 2229274 – ilia.tufano@katamail.com