Il lavoro di Odinea Pamici (Trieste, 1951) viene da lontano. Fa arte fin da piccolissima, da quando aveva 11 anni. Apprende con pazienza le più classiche tecniche pittoriche e scultoree, realizza anche elaboratissimi lavori su commissione per il Museo di Storia Naturale di Trieste, ma dentro di sé inizia a costruire un linguaggio artistico tutto personale. Si esercita con tutto ciò che si ritrova intorno e, non avendo mai rinunciato alla vita familiare, ciò che si ritrova intorno spesso sono pastine e brodini, verdure e tortellini. Oggetti che rivisita mediante la fotografia, in chiave pop, iconica ma al tempo stesso ironica, fino a guadagnarsi l’appellativo di artista-casalinga.
È il ciclo La cucina triestina (1997-98), uno dei suoi lavori più riusciti, ad aprirle le porte di importanti collaborazioni. Rapporti che la portano fino a Parigi nel 2003, con un allestimento alla FIAC particolarmente riuscito: una scultura-abito nuziale sulla quale è allestito un Pranzo di Nozze, rigorosamente placée, in cera.
A lunga conservazione, presso la galleria di Franco Riccardo, ripropone mediante 10 fotografie ed un’installazione site specific, un segmento del percorso dell’artista risalente al 2001, già presentato in passato alla galleria B&D di Milano.
C’è da chiedersi: perché scegliere di riproporre un lavoro datato in un contesto così vivace come quello napoletano, che si trova al momento sotto gli attenti riflettori della critica? Le risposte dell’artista e del gallerista non coincidono: la prima lo considera un lavoro a cui tiene molto e che, fino ad ora, ha ricevuto poca visibilità; il secondo ritiene molto interessante il lavoro della Pamici all’interno delle mura domestiche, sganciato dal discorso
Ma di cosa si tratta? Mediante un processo di impacchettamento à la Christo, la Pamici interviene sulle mura della propria casa con chilometri di fogli di alluminio, rendendo icona ciò che prima era oggetto d’uso, con risultati di straniamento analoghi a quelli della Pop Art. Sapienti interventi fotografici in bianco e nero restituiscono l’immagine definitiva dell’opera, mediante stampe lambda montate fra legér e metacrilato. Ed ecco i lavori in mostra, dai titoli espliciti più che esplicativi: Sottolavandino, Cucina economica, Cucina convivio, e così via. Ce n’è per ogni ambiente della casa.
E’ nell’ultima sala che il gioco si rompe, l’artista esce dai confini della sua casa triestina ed entra nella stanza di un palazzo storico napoletano. Lo scontro fra i due mondi genera un corto circuito che ricorda quasi il Terremoto in Palazzo di Beuys. Il tavolo fratino è rovesciato, le sedie Thonet sono a terra, la moka e la tazzina da caffè abbandonate su un comodino, piatti, bicchieri e suppellettili rotolati a terra, il tutto rivestito d’alluminio. “S’è rott’ ‘a pazziell’” è il titolo dell’installazione. La Pamici è arrivata a Napoli con un dubbio: “Quando uscirò dalle mura domestiche?”. Forse è arrivato il momento.
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"contesto vivace"? ma quale? mi dispiace, ma se Napoli in questo momento si trova "sotto i riflettori della critica" è per ben altri motivi... che, purtroppo, esulano dalle proposte espositive... e, ahimé, danneggiano soprattutto chi opera in maniera seria. Spero di essere smentita dai fatti, ma in questo momento sono piuttosto amareggiata, nonché delusa...
no, non basta. e lo sappiamo bene, tutti. ma almeno io mi firmo col mio nome e non mi sottraggo, anzi invito (rendendomi rintracciabile senza pretese di essere una maitre-à-penser) alla discussione, al confronto. qualcuno la chiama dialettica... ma a quanto pare per il nuovo che avanza forsennatamente questo è vecchiume. a disposizione.
cara anita concordo! alla fine è tutto un vortice di eventi, inaugurazioni, ma purtroppo manca la sotanza del cambiamento.
cara anitapepe, a napoli di vivace ci sei tu basta e avanza
grande anita! l'ho sempre detto che sei una delle poche teste pensanti del giornalismo d'arte a napoli! inutile dire che concordo con ogni parte del tuo commento che tocca nel vivo la "questione napoletana" con i suoi lustrini, le sue paillettes e la sua incapacità di creare un sistema dell'arte che possa interessare davvero la critica internazionale (ma mi accontenterei anche soltanto di quella nazionale... che purtuttavia latita!!!).