In principio furono i rapporti con Lucio Amelio, il grande gallerista, poi l’installazione presso il Museo di Capodimonte, infine fu una goccia d’acqua caduta in una pozzanghera a legare definitivamente
Daniel Buren (Boulogne-Billancourt, 1938; vive a Parigi) alla città di Napoli. Quella goccia d’acqua diede l’ispirazione per la grande fontana
Cerchi nell’Acqua e per la retrostante facciata del nuovo edificio dell’Arin, realizzate nella periferia est di Napoli nel 2004. Dai cerchi concentrici nati da quell’intervento sono scaturiti diversi ritorni dell’artista in questa caotica città, alla quale cerca di dare un po’ d’ordine con le sue rigide geometrie.
L’ultimo ritorno di Buren è nelle due cubiche stanze, voltate a vela, dello Studio Trisorio. Con un intervento site specific, l’artista avvolge mediante un unico lavoro,
Oggi, qui, l’intero spazio della galleria. Ma se, avvicinandosi alla mostra, ci si potrebbe aspettare di ritrovare la tipica alternanza di fasce cromatiche che ha reso internazionalmente celebre l’artista, questa volta Buren, nel suo giocare a scacchi con il bianco del muro e i colori, opera un rimescolamento di carte, se così si può dire, tutto interno agli strumenti tipici del suo linguaggio visivo.
Le pareti della galleria sono ricoperte da una ripetizione di quadrati, non più di strisce, dai colori vivi, che vanno dall’arancio al magenta, dal giallo al verde, passando per due sfumature di blu. La geometria regna sempre sovrana: infatti, l’integrità degli spazi cubici della galleria viene ricreata mediante una parete
trompe-l’œil che chiude visivamente il vano di collegamento fra i due, lasciando liberi due passaggi trasversali per il pubblico.
L’alternanza di fasce bianche e colorate di 8,7 centimetri, cifra stilistica dell’artista, è in un primo momento assente. Ma ricompare su alcune lastre di vetro, di modulo singolo o doppio rispetto ai quadrati cromatici di fondo, ai quali si sovrappone in maniera sghemba. Lo sfalsamento tra i quadrati della scacchiera ortogonale murale e quelli in vetro viene ricomposto dalla verticalità delle fasce bianche che, attraverso le lastre trasparenti, lasciano scorgere il colore sottostante.
Il difficile percorso che dalla metà degli anni ’60 ha portato fino a oggi tutta una serie di artisti concettuali – tra cui gli originari compagni di viaggio di Buren del gruppo parigino BMPT, ossia lo stesso Buren,
Mosset,
Parmentier e
Toroni – evidenzia un tratto saliente di alcune correnti del Concettuale: il fatto che, individuato il “concetto” da esprimere, si tende a ripetersi o a rimescolare le carte, appunto, più che a rinnovarsi realmente.