Sarebbe possibile riconciliare in uno stesso contenitore gli ultimi interventi di
Daniel Buren, passato a Napoli in autunno allo Studio Trisorio, e la produzione di
Niele Toroni (Muralto, 1937; vive a Parigi)? Isolarne i singoli motivi nello stesso spazio espositivo senza generare interferenze segniche? Se ci spingessimo oltre fino a immaginare una sovrapposizione delle due trame, saremmo in presenza di una tessitura regolare e gradevole, forse bicolore, eppure incapace di valorizzare il lavoro del singolo artista.
Uniti non si vince sempre, inutile sperare dunque in una reunion della banda dei quattro
BPMT, soprattutto perché
Michel Parmentier è scomparso da otto anni, mentre
Olivier Mosset resta sempre troppo eclettico per i suoi colleghi. Una collaborazione bruciante, durata i primi sette mesi del 1967; poi, ognuno per la propria strada. E, da quell’anno, Toroni non hai mai smesso di applicare su vari supporti le sue impronte di pennello n° 50 a intervalli regolari di 30 centimetri.
Un approccio semplice, ostinato, sordo a qualunque tendenza del mercato. Le impronte rosse che si stagliavano sul muro di fondo durante la sua ultima apparizione alla Galleria Artiaco – ora racchiuse tra i margini di una lunga tela – occupano adesso una parete laterale dello spazio espositivo. Lo stesso criterio decorativo investe anche il lato finestra, dove la scelta cromatica è ricaduta su un blu molto carico.
Meno contestuale ma altrettanto interessante la presenza di opere più datate, come le impronte bianche su un rotolo di carta riciclata di
Papier japonais (1992) e tre esemplari eterodossi della serie aperta
travail/peinture, realizzati due anni dopo. Nel secondo caso, le otto impronte di pennello di queste opere insolitamente autografe instaurano un dialogo sottile con l’elemento testuale. I caratteri a stampa bilingue riportano in olandese e francese il nome dei colori impiegati nella serie. Il testo rinvia alla pratica pittorica, mentre la pittura di Toroni rimanda sempre a se stessa. Lo scarto di significato è affidato alla qualità del supporto e alle scelte cromatiche, nella ripetizione di uno stile fortemente simbolico e conservatore.
Ma questa volta Toroni – pittore moderno d’immagini araldiche a difesa dello stemma e dello stile della propria casata – concede al gallerista il lusso di esporre, sulla parete di fondo, una composizione dai contorni quasi figurativi: una scena di natività realizzata con impronte di pennello blu, rosa, marrone e giallo. Se il triangolo blu è una figura mariana nella
crèche minimalista di Toroni, la sua presenza isolata anche sulla parte dell’antisala ribadisce il tono rigorosamente decorativo dell’allestimento.