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Quarto appuntamento per “Art, do not disturb”, il ciclo espositivo sull’arte contemporanea che ha occupato gli eleganti spazi di Palazzo Caracciolo a Napoli. Dall’accumulo di istigazioni che è tipico del contemporaneo, si articola una opposta ricerca nei termini del solo indispensabile. È dedicato dunque alle “architetture” minime il percorso espositivo di Eugenio Tibaldi (Alba, 1977), artista già avvezzo al clima partenopeo, essendosi calato, da oltre quindici anni, nell’hinterland napoletano, dove si è trasferito.
Il progetto, a cura di Brunella Velardi, parte dunque da una visuale urbana che accompagna l’abitante comune, un panorama continuo che normalmente si attraversa, senza trasalimenti e senza stupore. È lo spazio della città, che non si modifica per i mediocri né per gli indigenti, il vero protagonista di questa esposizione, che parte da un’indagine sui giacigli dei senzatetto. Dunque, sono nugoli di coperte e scatole di cartone a ricreare, minuziosamente, le intricate costruzioni che sorgono, orizzontalmente, in città, covi così simili ai fortini, a quelle impalcature che si fanno nei giochi dell’infanzia. Lo studio di Tibaldi, da anni osservatore delle dinamiche di appropriazione degli spazi urbani, giunge qui ad un punto di confine, che non si definisce estremo solo perché quello dei senzatetto è un aspetto tristemente diffuso in città, come un arredo previsto.
A ogni modo, la sensibilità dell’artista trova una sua strada espressiva, maturando qui una specie di avversità per il troppo e dunque procedendo per sottrazione, in quello che ha ancora la forma di uno studio. L’artista elimina il superfluo, con installazioni a breve termine che, durando due o tre giorni, sono destinate a concludersi, come la dimora di un nomade. Certo, l’applicazione radicale di questo principio di sottrazione porterebbe al crollo dell’intera impalcatura dell’arte contemporanea, che si sfalderebbe ai piedi di un qualunque visitatore ma, fatta propria l’ovvietà per cui tutta la forma dell’arte, specie della sua mondanità, rappresenti una aggiunta ulteriore a uno scheletro non visibile, si può accettare lo sforzo di chi prova a plasmare il proprio sguardo.
Alla ricerca di nuove declinazioni dell’estetica, Tibaldi manovra un tema sociale ampiamente trattato, riuscendo a emozionare, seppure a tratti, per l’evocazione di un momento in cui ci si imbatte sempre ma sul quale non possiamo fermare lo sguardo. E il contrasto con gli spazi aristocratici di Palazzo Caracciolo, rende concreta quella plausibile sensazione di disagio che si prova quando, con le mani ben calde nelle tasche, si guarda un albero piegato dal vento.
Elvira Buonocore
Mostra visitata martedì 3 gennaio
Dal 29 dicembre 2016 al 31 gennaio 2017
Eugenio Tibaldi, Studio sulle architetture minime
Hotel Palazzo Caracciolo Napoli
Via Carbonara, 111/112 – 80139, Napoli
Orari: dal lunedì alla domenica, dalle 10.00 alle 20.00. Ingresso libero
Info: artdonotdisturb@gmail.com