La copertina del libro Common Sense raffigura un salvadanaio a forma di mappamondo arrugginito. Quest’immagine da sola è capace di sintetizzare il senso del lavoro di Martin Parr. Un vecchio, stanco mondo che appare sempre più piccolo, si offre all’occhio critico dell’artista – senza la necessità di una ricerca particolare – in tutte le sue contraddizioni, ma anche, nonostante tutto in tutta la sua ricchezza e complessità.
Sì perché le due serie fotografiche che Parr propone a Napoli, Phone Project e Common Sense, per quanto a una lettura superficiale appaiano denunciare il consumismo, il cattivo gusto, le cattive abitudini ed in generale tutti quei mali che la società “globalizzata” sta manifestando all’ennesima potenza,
Trovandosi di fronte a fotografie con bambini che affondano le mani in hamburger pieni di salse colorate, cani con occhiali da sole, torte multicolori ben poco invitanti (ma solo per noi italiani avvezzi ad una cucina di qualità), sandali indossati con calzini, difficilmente vien fatto di pensare che l’artista abbia ricercato in esse ciò che di più attraente la società abbia da offrire. Ma nemmeno si può dire ch’egli abbia una visione della realtà attuale per così dire “pessimistica”.
Martin Parr ha scelto invece di fotografare tutto ciò che c’è di strano, di buffo, di curioso, in questo mondo che sta cambiando ad un ritmo accelerato, e che spesso si nasconde in piccoli particolari di poco conto. E ogni immagine tradisce sempre e comunque il suo divertimento nel constatare le strambe manifestazioni della vita umana.
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Martin Parr
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