Sul limite tra rappresentazione e suggestione, allusione e figurazione, si muove la ricerca più recente di Alfredo Maiorino (1966). L’artista nato a Nocera Inferiore, per Ri-velare, propone una serie di opere – tutte realizzate negli ultimi tre anni – scandite da un’idea d’insieme coerente che dilata l’atmosfera in uno stato di sospensione visiva.
Il velo, oltre a essere un ornamento in uso dalla più tarda antichità, è anche un simbolo dalla complessa tradizione. Nei poemi omerici era una fascia di lino che, dalla testa, ricadeva sulle spalle, mentre, negli esametri di Parmenide, era il manto delle figlie del Sole, personificazione del senso della vista. Nell’interpretazione della cultura induista di Arthur Schopenhauer, il Velo di Maya era segno del limite tra realtà e sogno, volontà e rappresentazione, simile, in senso lato, al velum latino – fabbricato nell’isole di Coo e Amorgo, oltre che a Taranto, e di stoffa talmente fine da essere chiamato anche ventus textilae, tessuti di vento, o nebula linea, nebbia di lino – che non fasciava le membra ma si adattava liberamente al corpo, mostrando l’aspetto e nascondendo la forma.
Palesare, manifestare, rendere evidente, sono sinonimi di rivelare che, per Maiorino, è azione intesa come esatto paradosso del proprio significato, ovvero, come un gesto di copertura, per proteggere o per disorientare. «Punto a creare un inganno ottico che possa attrarre chi osserva, mentre uso materiali come il feltro e il vetro come simbolo di protezione per la pittura», ha spiegato l’artista, che si è formato nell’ambiente della grande stagione dell’Informale napoletano degli anni ’80, maturando, successivamente, una predilezione per la superficie sfumata, simbolicamente offuscata.
Innesti tra grafica e legno, geometrie e campiture colorate, sono celati dietro l’alternanza di vetri opachi e trasparenti che coprono i Corpi fragili. Questa teoria di 20 piccoli assemblaggi, in cui si intuiscono anche alcuni richiami alle sperimentazioni artistiche della seconda metà del Novecento, frammenta la regolarità statica della lunga parete bianca di fronte all’ingresso, accogliendo il visitatore in un’atmosfera di osservazione intima e minimale. Nelle opere più grandi, brani di pittura intervallati da cemento e feltro rinnovano, con rigore, il ritmo visivo dettato dal gesto protettivo. Così, gli spazi dell’ex rimessa delle carrozze del Palazzo Ulloa Ruffo di Bagnara, diventano un ambiente soffuso, venato dall’incertezza percettiva che diluisce i tratti delle opere su una membrana velata, ridando alla pratica e alla tecnica lo status di un’azione da decifrare e custodire.
Mario Francesco Simeone
mostra visitata il 17 aprile
Dal 17 aprile 2015 al 31 maggio 2015
Alfredo Maiorino, Ri-velare
Studio Trisorio
Via Riviera di Chiaia 215, Napoli
Orari: dal lunedì al venerdì, dalle 10.00 alle 13.30 – dalle 16.00 alle 19.30. Sabato, dalle 10.00 alle 13.30