Non sempre il nome di un marchio documenta lâorigine di un manufatto. Ma i quindici cimbali della Istanbul Agop scelti da
Danilo Correale per la suite musicale
The Istanbul Symphony â suonata da tre musicisti italiani nel cortile del Madre â sono stati fabbricati proprio in Turchia.
Se la fortuna del cimbalo non è stata scalfita dal progresso tecnologico, lo si deve alla sua straordinaria capacità di adattarsi nel tempo ai piÚ diversi impieghi. Uno strumento duttile e resistente, utilizzato nel XVIII secolo dalle bande
mehter per incoraggiare i cavalieri ottomani sul fronte, dai compositori romantici europei e, ancora oggi, da turnisti jazz occidentali e dai batteristi della scena indie-rock di Istanbul come Duman e Replikas.
Il motivo principale dellâintervento di Correale risiede nella dialettica spaziale e simbolica tra lâesposizione del set di cimbali utilizzati per la performance e il motivo geometrico del triangolo, segno della sua trascrizione pentagrammatica. Un segno che investe in modo tautologico anche le opere dellâinstallazione
Shelf: una serie di oggetti esposti su una mensola, che include reperti aziendali della Istanbul Agop, un grafico genealogico della societĂ , l
a foto di un maestro artigiano armeno, un paio di pentagrammi in cornice e alcune vecchie cartine delllâImpero ottomano.
Sovrapponendo due triangoli alla mappa di
The Ottoman Empire, Correale reinventa la geografia del Mediterraneo. Le due figure geometriche in plexiglas lambiscono al contempo lo stretto dei Dardanelli, il Bosforo e la penisola italiana. Una piattaforma simbolica, che mette in comunicazione su un piano ideale lâItalia e la Turchia.
Correale porterĂ poi al PiST una
boĂŽte-en-valise in serie limitata con alcuni gadget di scena esposti a Napoli, insieme alle registrazioni audio-video dellâesecuzione di
Istanbul Symphony. La suite in tre parti sarĂ poi reinterpretata da musicisti turchi il prossimo 8 settembre, come evento collaterale della 11esima Biennale di Istanbul.
La parola cimbalo, proveniente dal greco
kymbalon, ovvero âcavitĂ che contieneâ, rimanda alla bacinella blu di
Breaking The Waves: un contenitore riempito dâacqua e utilizzato come schermo da
Didem Ăzbek e
Osman Bozkurt, per proiettare a bassa fedeltĂ un filmato di repertorio su uno sbarco di rifugiati a Lampedusa.
Un intervento che stride volutamente con la lotteria
Un viaggio da sogno ideata dai due artisti coetanei. Un concorso â ancora a caccia di sponsor â che offrirĂ al visitatore del Madre sorteggiato un viaggio al di lĂ del Bosforo per la Biennale di Istanbul.
Gli altri interventi di Bozkurt e Ăzbek vertono sulla ricerca sistematica degli indizi della presenza italiana a Istanbul. Eppure ogni ricordo che si rispetti ha i suoi buchi. In
Flashback-Flashforward alcune diapositive bianche si alternano come vuoti di memoria ai ritratti fotografici
fin de siècle di lavoratori italiani immigrati in Turchia.
Le tre tracce video di
Flashback of Fools rappresentano invece il tentativo di documentare lâattivitĂ del grocery shop âNapoliâ, avviato da un immigrato italiano nel quartiere Pangalti. La storia cinquantenaria della drogheria è ricostruita a colpi di riprese in esterno con camera fissa, interviste ai proprietari, effetti di morphing e dissolvenze.
Curatori e artisti coinvolti ben sanno che non si può flirtare con lâAltro senza tuffarsi nel suo passato.
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alla fine, una mostra terribile
il nulla
Danilo Correale è un bravo artista, al quale si augura tutto il bene possibile. Buona tecnica, belle idee, tanta voglia di crescere e maturare. Purtroppo questa prova è stata davvero infelice: sciatta, insipida e intellettualistica (ma in modo banale e davvero poco originale). Il connubio con i due artisti turchi, poi, sa di posticcio. Del resto, la Project Room del Madre è uno spazio terribile, nel quale bisogna fare salti mortali per esporre qualcosa di minimamente decente... povero chi ci capita