La Pop Art diventa favola, ovvero quando gli oggetti nascondono un’anima. Attraverso una serie di fotografie, dipinti e video,
T-Yong Chung e
Yi Zhou creano un microcosmo dove la realtà diventa un fitto bosco di immagini fantastiche e assurde allo stesso tempo. Come nei sogni, non tutto è comprensibile, poiché non è necessario comprendere tutto: è qui che si cela la magia. Secondo la filosofia materialista, l’unica realtà che può esistere è appunto la materia. Questa, secondo T-Young Chung è evanescente come i fuochi fatui e le nuvole. La sua realtà è un fumo nero, gli oggetti affiorano dal buio della tela come una radiografia, forse la loro anima. Che siano macchine da scrivere o forbici, poco importa: ciò che non è più, non è ancora. Sogni o vaghi ricordi anche per Yi Zhou. L’artista sogna a occhi aperti. La sua realtà si manifesta in messaggi onirici, come i filmati
Paradise e
Stromboli; si serve della tecnologia affinché i movimenti creino un’armonia con il paesaggio, come in una favola disneyana. Lo spettatore percepisce qualcosa che ha già vissuto, non riconosce i vari oggetti in quanto tali, ma gli ricordano qualcosa di familiare, che riaffiora dal suo inconscio. Lo stesso titolo
Verismo magico suggerisce un concetto dualista che ha radici in una corrente parallela al movimento della Metafisica, dove la realtà veniva distorta fino all’estremo, in modo da assumere di volta in volta forme astratte e nuove.
Il riferimento alla Pop Art va inteso come un’attenzione agli oggetti quotidiani che, estrapolati dalla loro funzione, assumono una nuova identità e invadono lo spazio dell’esistenza.
Complementare all’esposizione è il corto
Avatars, diretto dalla stessa Yi Zhou e presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. La regista s’ispira alle riflessioni del filosofo Jean Baudrillard sul rapporto che lega i gemelli siamesi. Il titolo si rifà alla mitologia greca e orientale, secondo cui gli esseri umani erano formati da due entità distinte ma complementari. Come Narciso che ama sé stesso, il suo doppio, il suo riflesso, e al tempo stesso l’altro da sé. Il linguaggio visivo di Yi Zhou, apparentemente superficiale, è in realtà molto complesso ed è il frutto di un bagaglio culturale articolato: l’artista ha vissuto tra Roma, assimilando la letteratura antica, Parigi, dove ha letto Baudelaire, e New York. Il suo linguaggio si esprime unendo fotografia, pittura e cinema, coinvolgendo tutti i sensi in un unico discorso, incentrato su quella parte più ignota che si nasconde nell’inconscio umano. Quella parte che fa più paura, perché è incontrollabile dalle leggi della razionalità.
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ma la mostra dov'è descritta?
ma perché, Baudelaire si può leggere solo a Parigi?
a New York che ha fatto? si è riposato?
direttore, prenda qualche redattore più 'maturo' altrimenti dove andrà a finire ???
"un lettore napoletano che ha visitato la mostra" o "un gallerista incazzato per l'articolo"?!