Marc Hosking, con fare molto british, dà vita ad un progetto artistico serissimo, studiato meticolosamente. In ogni minimo dettaglio. Eppure, il risultato sembra frutto della mente di uno scienziato pazzo. Che cosa pensare infatti di Shivavespa, l’installazione che accoglie lo spettatore all’entrata della mostra? Una Vespa degli anni Sessanta, colorata di celeste acceso, vera icona pop, sostiene una raggiera di specchietti retrovisori che funge da pannello solare “fai da te”. Lo scopo? Produrre il calore necessario per far funzionare una pentola da cucina. Si tratta di sopravvivenza visiva o di sopravvivenza tout court? In una città come Napoli entrambe le ipotesi sono da prendere in considerazione.
Il merito dell’artista inglese è quello di aver saputo imprimere ai suoi oggetti un’aura di dissacrazione e di humour che trascende la serietà del progetto. Se il suo intento è da leggere in chiave sociale, il modo di porgere il messaggio è leggero. L’arte, si direbbe, non è più in grado di offrire modelli, e non serve a migliorare ciò che l’uomo produce, la qualità della vita dei privilegiati che ne possono godere. Ma in un mondo in cui le sembianze perdono ogni significato, in cui anche le immagini sono cose, l’artista -colui che le fabbrica, le immagini- dà vita agli oggetti inventandoli nuovamente. Daccapo, a partire dalle cose più semplici e quotidiane.
E’ il caso di tante piccole chiavi che si trasformano in ami da pesca per catturare cravatte a forma di pesce, in una struttura sospesa a delle grucce per abiti (un irriverente riferimento ai mobiles di Alexander Calder).
Oppure della rivisitazione dell’airbag in Airbag-Growbag, una struttura da parete in cui il pallone di sicurezza, esploso dopo un urto, fuoriesce dallo sterzo per riempirsi di terra e nutrire una pianta di limoni.
La scultura intitolata Eternal Solar è composta da una valigia completamente rivestita di materiale riflettente che può, ipoteticamente, servire per cuocere una pannocchia di mais. Opere che sembrano una risposta all’eccesso di autobiografismo e di emotività che ha caratterizzato gli anni Novanta, progetti che evitano la sfera interiore per concentrarsi sui problemi reali del vivere sociale. Perciò l’ironia è la cesura aldilà della quale si apre una nuova problematica. Che non consisterà più nel domandare cosa l’artista faccia della realtà, ma cosa faccia nella realtà delle circostanze storiche e sociali.
maya pacifico
mostra visitata il 25 ottobre 2005
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bella mostra, e intelligente; un piacere per gli occhi e la testa, che ogni tanto ci ricorda che non dobbiamo temere questi aggettivi...
grazie!
Bravo Bravo Mark e bravo Umberto (chiaramente!). Invenzioni ironiche, poetiche e rigorose. E belle! Abbiamo bisogno di artisti così!
bella sta roba.
Umbe', tu si pazz'!!!
bravo
bella mostra non c'è che dire !!!!