Dal XII al XVII secolo. Cinque secoli di cultura figurativa dell’Italia meridionale in cinque sale. Il percorso della mostra comincia con le opere più preziose: 37 formelle, che riproducono immagini del Vecchio e Nuovo Testamento, 15 pezzi di cornici, 13 medaglioni, un’aquila e un angelo -simboli di Matteo e Giovanni- per un totale di 69 pezzi, una collezione straordinaria per l’arte cristiana del Duecento. Frammenti che, considerati nel loro insieme, stanno ad indicare le volontà di un grande programma che non si è mai attuato; i pezzi compongono le tessere di un puzzle storico-artistico il cui sviluppo narrativo acquisisce significato solo dall’unione di tutte le tavolette. Più ipotesi fanno pensare ad un unico utilizzo delle formelle: una cattedra vescovile o forse una porta eburnea, supposizioni ancora da studiare. Nella stessa sala sono esposte le tavole dell’exultet, un rotolo in pergamena usato durante le liturgie del periodo pasquale. Frazionato negli anni Trenta nelle attuali undici pergamene, oggi custodite singolarmente. Anche il Pontificale attualmente è suddiviso in fogli. Si tratta di un codice manoscritto e miniato realizzato nel 1280 per il duomo di Salerno, firmato dal Maestro della prima decade del Tito Livio, artista dalla personalità originale e suggestionata da influenze francesi (evidenti nelle intense gradazioni degli azzurri delle miniature).
Due croci di diverso formato e fattura nella seconda sala uniscono il profano col senso del sacro. Una piccola preziosa croce in ottone, smalto e pergamena -pare appartenuta a Roberto il Guiscardo- ed un crocifisso ligneo del XIII secolo che porta con sé una leggenda miracolosa. Il mito vuole che la testa del Cristo si sia staccata dalla croce piegandosi in avanti in segno di perdono per il peccato commesso dal suo stesso autore, colpevole di aver venduto l’anima a Lucifero per poter realizzare il progetto di un ponte in una sola notte. Questo ponte, chiamato appunto Ponte del Diavolo, divide ancora oggi la città di Salerno. Nella terza
lino sinibaldi
mostra visitata il 18 ottobre 2005
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