È la droga a mostrare Napoli come un
terreno di stravaganze antropologiche e bizzarre abitudini civiche, oppure
basta farsi un giro nel centro storico, sprofondare nei rioni della Sanità e
dei Vergini, assieparsi nei Quartieri Spagnoli e infine sperimentare l’ebbrezza
di un tour attorno alle Vele di Scampia, con tanto di pusher che ti scortano in
motorino? Senza dimenticare di fare una visita nell’antico parco giochi dagli
effetti speciali, Pompei, la meta più desiderata dal turista.
No, probabilmente per osservare
quanto di difficile e di estremamente affascinante ha questa città non serve un
effetto stonato da stupefacenti, anche se Walter Benjamin – quando negli anni
‘20 del Novecento perlustra la città – si trova in uno stato inebriante.
Il filosofo tedesco annota
caratteristiche e suggestioni in
Napoli, frammenti sparsi ma registrati con attenzione
critica. Emergono così alcune parole chiave che
Sergio Vega (Buenos Aires, 1959) è andato a
verificare, fondendo la lettura di questo testo con
Hashish a Marsiglia,
e soprattutto camminando per la
città partenopea. È cambiato il modo di essere a Napoli tra ieri e oggi?
Due installazioni, con una
quarantina d’immagini di varia dimensione e un gruppo di nove fotografie,
fermano l’attenzione su particolari sequenze di
Hashish in Naples, il video che Vega ha girato raccogliendo
materiale documentario, campionando suoni, voci, immagini. Si è trasformato in
un
“
osservatore
di fisionomie“,
come Benjamin, vivendo lungo i decumani “
qualcosa di assolutamente
unico nella mia esperienza“, sprofondando “
nei volti che mi attorniavano e che
erano in parte di straordinaria rozzezza o bruttezza“. Napoli “
carta
sporca” è
nella miseria ancora presente, sovrappopolata tanto da riversarsi in via
Toledo, un “
corridoio” in mezzo al suk di bancarelle, che abbondano di
oggetti, dal cibo alla biancheria.
La città conserva ancora angoli
segreti, come succede a Posillipo, in cui Vega trova una cava di mobili e
sculture immersi in una dimensione atemporale. Vista dall’alto, poi, con il
dilatarsi di edifici fino alle pendici del Vesuvio, Napoli appare attutita da
qualsiasi rumore, e il diffondersi dell’azzurro dell’atmosfera e del giallo del
tufo danno respiro alla pietra. Porosa, aspira e trasmette come se fosse un
vaso comunicante, ed è un po’ la chiave per interpretare questa città, dove
anche le persone assorbono tutta la vita attorno, per restituirla attraverso
espressioni e gesti che spesso sostituiscono le parole.
All’interno di una salumeria, il
venditore mima vocaboli, l’occhio di Vega afferra ciò che è abitudine per un napoletano,
ma non per un
estraneo. La casa è fuori,
on air nella strada, uno
stage speciale dove i napoletani non recitano, ma
improvvisano. I punti di riferimento sono negozi e fontane, ma anche la statua
di Dante nell’omonima piazza, che si merita un
blow up in grande formato.
Rimane un ultimo interrogativo: la
Chiesa, che serviva alle persone per conferire “
legittimità ai suoi
eccessi“, è ancora
un potere forte capace di contrastare l’antigoverno della camorra? Il consiglio
è osservare camminando.
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Da di Marino ancora un'altra pessima mostra....
Fatelo chiudere.