Si configura come un terzo atto denso, affollato e poco strutturato, quello dedicato a Jannis Kounellis (Pireo, Grecia, 1936; vive a Roma) dal Museo d’Arte contemporanea Donna Regina. Le sale, spesso troppo piccole per le opere che sono destinate ad accogliere, sono organizzate in ordine rigorosamente non cronologico, cosa che per un’antologica che spazia con opere dal 1957 –le bottiglie vuote posate su di un foglio di cartone, presenti nell’ultima sala– ad installazioni del 2006 –le brandine fasciate di bende intrise di vernice color sangue, presentate alla Galleria Bonomo di Roma– risulta particolarmente disorientante.
Ma, ricordando le parole dello stesso Kounellis, secondo cui “ogni mostra è un atto unico”, scritto per il luogo nel quale deve essere rappresentato, sembrerebbe che questa mostra sia stata concepita come una valigia dei ricordi. Gli oggetti prendono posto lì dove c’è spazio, stringendosi un po’, facendosi posto a vicenda, accavallandosi anche, ma con grande coesione.
E di ricordi, nella sua valigia di viaggiatore, Kounellis ne ha parecchi, stipatisi durante i suoi cinquant’anni di attività: sin dal ‘56 quando sbarca a Roma per iscriversi all’Accademia di Belle Arti, convinto di fare pittura, convinzione che lo accompagnerà per tutta la vita; le sue lastre d’acciaio, che si appendano alla parete o che si conformino al suolo, che supportino pappagalli o che contengano carbone, sono, per l’artista, rigorosamente quadri.
Nella mostra napoletana sono presenti molti importanti pezzi tirati fuori dalla valigia magica di Kounellis: il trenino del 1977 che si inerpica a spirale lungo una colonna, o la Tragedia civile, oramai mitica installazione presentata alla Galleria Amelio di Napoli nel ’75. Ancora, l’installazione della prima mostra di Kounellis da Amelio, quella del ’69, così come il primo lavoro con le lettere presentato al pubblico, in mostra nel 1960 presso la galleria la Tartaruga di Roma.
Un altro aspetto, inoltre, emerge da questa mostra, un dato che i critici italiani non hanno mai voluto troppo sottolineare: il debito, tutto linguistico, all’opera di Joseph Beuys, che risulta palese proprio passando dalle sale della collezione stabile del Madre con le opere dell’artista tedesco. L’installazione, che chiude la mostra, presentata nel 2000 al Castello di Genazzano, con i letti e le coperte di guerra, con le lamiere metalliche martoriate a simulare la presenza di corpi sofferenti, non può non ricordare i lavori più direttamente ispirati alla guerra, di beuysiana fattura.
Infine, circa la presenza dei cavalli, che ha fatto infuriare gli ambientalisti, nella riproposizione della performance presso la galleria l’Attico di Roma del ‘69, l’interrogativo sorge spontaneo: se la performance è, nell’arte contemporanea, un atto unico e contestualizzato nel tempo e nello spazio, che senso ha riproporla? Non sarebbe bastata la tecnologia -quella sì contemporanea- semplicemente per rievocarla?
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kounellis e sempre Kounellis mostra perfetta
ottima mostra per conoscere l'artista
pecca manca il ristorante
Bellissima mostra al 90 x100-Gli Animali in gabbia o alla catenella(Pappagallo)?
l'ho visto all'inaugurazione... troppa gente... ma ne è valsa la pena, bellissima la performance del violoncellista...