Scardina ipotesi e pregiudizi
Salud, Deporte y Control, tre minipersonali cubane al quadrato: cubani gli artisti, cubana la curatrice. Tutti giovani, giovanissimi, ma non tanto da aver preso le distanze rispetto ai miti del socialismo reale caraibico e della rivoluzione castrista, vivi e presenti sull’isola anche dopo il passaggio di consegne tra l’ottuagenario Presidente e suo fratello Raul. Una collettiva dove la politica c’è, ma lascia a casa falci e martelli, facce di Fidel col sigaro e santini del Che col basco, sfidando l’embargo con un approccio mondializzato.
Perché l’ossessione e, al contempo, la diffidenza verso profilassi, igiene e medicina, la censura, la propaganda, la persuasione occulta, la sottile violenza di un controllo mascherato da ordine pubblico e tutela del cittadino sono spine nel fianco pure dei più “democratici” fra gli stati e non solo di una dittatura che, tra i fiori all’occhiello, può vantare un’istruzione di qualità – compresa l’Accademia di Belle Arti, i cui allievi possono esporre già da semplici studenti negli spazi di Stato (di privato esistono solo un paio di home gallery) – e un sistema sanitario efficiente e accessibile.
Tutt’altra cosa rispetto all’America di Michael Moore, filmaker di culto i cui
Sicko e
Bowling for Columbine hanno ispirato le opere “in pillole” di
Yaima Carrazana (Santiago de Cuba, 1981; vive a L’Havana e Madrid). La
pharmacy d’artista data a
Hirst, ma qui la variante ideologizzata si carica di antibellicismo: capsule ritte come soldati di un plotone o proiettili in una scatola, aerei caccia “scolpiti” coi cachet e una bacheca di pasticche decorate con stelline e croci, unica concessione
ecstatica all’iconografia di due grandi “chiese” – quella comunista e quella cattolica – che ambivano (o sarebbe meglio il presente, visto che almeno una delle due istituzioni è decisamente ancora in sella?) a fondare l’uomo
perfetto.
Deliranti giochetti totalitaristici, sui quali
Rodolfo Peraza (Camaguet, 1981; vive a L’Havana) ironizza col più globale, compulsivo e consumistico dei trastulli: il videogame. Grafica basic, inni remixati come jingle e cannoni che demoliscono pezzo per pezzo il folle progetto di un essere non
nato, ma
costruito col libretto delle istruzioni, nella fattispecie due manualetti pedagogici scritti per assemblare i gagliardi prototipi del comunista duro (soprattutto di comprendonio) e puro e dello spagnolo ideale (“
metà monaco e metà soldato”, secondo gli
spin doctor del “generalissimo” Franco).
Un individuo-massa irrealizzabile e irreale, come virtuali ma minacciosamente in procinto di concretizzarsi sono gli scenari futuristici e vagamente inquietanti che
Loidys Carnero (L’Havana, 1982; vive a L’Havana e Madrid) preconizza con
Google ScketchUp. Una grigia considerazione sulla tecnologia come arma di potere, proveniente da un Paese dove si cerca di arginarne la “pericolosità sociale” vietando, ad esempio, l’uso di internet nelle case private. Una riflessione sulla diffusa incapacità di ribellarsi, sulla passività dei troppi “obbedisco” mormorati a capo chino e occhi bendati.
Cuba si ritrova a indicare la strada della
revolución. Siempre.
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Basta la vista!
:-)
Ciao Ani. Sei quasi perfetta e non preoccuparti troppo per il quasi...