Una collettiva a puntate. Quattro instant show che presentano, a tambur battente, artisti inediti e rigorosamente napoletani, di nascita o d’adozione. Accompagnati da altrettanti studenti/scrittori reclutati dalla docente di filosofia Rossella Bonito Oliva per un commento trasversale alle opere. Così si configura
Four Rooms, ribadendo la scelta dei curatori – Gigiotto Del Vecchio e Stefania Palumbo- d’investire tutto su interdisciplinarietà e territorialità . Un’operazione di scouting a più mani che pesca nel
mare magnum delle risorse locali, affinché giovani creativi alle prime armi e a digiuno di dinamiche del “sistema” possano confrontarsi con la realtà museale, che diviene, in un’ottica più europea che nazionale, rampa di lancio piuttosto che pista d’atterraggio.
Intento lodevole che però, in ultima analisi, ha dato risultati non sempre convincenti, complici il contesto istituzionale e la formula delle mini-personali che hanno creato aspettative troppo difficili da appagare.
Esordio piuttosto soft per la coppia, non fissa ma d’occasione,
Luca Mattei (Napoli, 1977) e
Carlotta Sennato (Napoli, 1977). Tenendosi in un’innocua dimensione evocativa che non narra e non analizza, puntano l’obiettivo sui piccioni viaggiatori. I messaggeri alati, varietà d’appartamento dei bistrattati pennuti, diventano protagonisti d’una triplice installazione composta da due dia-proiezioni e un video in loop. Zoomata su una colombaia dove la partenza implica il rischio della perdita di certezze. Una precarietà ribadita in
Ogni volta che torno, racconto in soggettiva di
Marina Vagnoni. Al ritorno, la lotta per la riconquista della celletta si fa spietata. Guerra a colpi d’ala e di becco, rimarcata dall’invadenza sonora del corpo a corpo tra i volatili.
Meno incline alla poesia e alla metafora è
Untitled (Tumbleweed Series) di
Giulio Delvè (Napoli, 1984), proposto per un più incisivo secondo appuntamento. Un unico video, esplicito, immediato, che tuttavia pecca d’un eccesso d’asciuttezza. Un carro armato giocattolo è frenato da legacci di stoffa inchiodati al muro. Così imbrigliata, la macchina tenta d’incedere, ma invano. Il motore arranca, stride, s’ingolfa. Meccanismo bellico distruttivo neutralizzato da una forza ignota, come sottolinea il testo di
Flora Visca,
Nessuna ombra oltre la mia. Follia trattenuta, potenzialitĂ repressa. Paradigmatica condanna della
pars destruens tecnologica, della creatività finalizzata all’annientamento.
Implosione nichilista esplosa con
Corrado Folinea (Putignano, 1976; vive a Napoli) che, per il terzo incontro, lascia tutti sulla soglia. Il suo
Black Painting, à ncora di mitili putridi e nauseabondi agganciati al soffitto con una gomena, mette infatti a dura prova l’olfatto e lo stomaco dei visitatori. Un giradischi emana un sound da profondità abissali mentre uno scatto ritrae l’artista con la testa ficcata nel sacco dell’immondizia. Parrebbe, considerata la congiuntura storica, un rinvio alla disastrata questione meridionale. Ma il riferimento non è così circoscritto, poiché rimanda a una sorta d’ignavia, d’immobilismo critico nei confronti della vita, sebbene
Christian Carrozza suggerisca in
Immersi in questo cielo una remota possibilità di riscatto. Un raffermo concettualismo debolmente associato all’ironica autocelebrazione di
Robert aping me, quaterna fotografica in cui è il personaggio noto a scimmiottare quello ignoto.
Ospite accogliente e cosmopolita è
Celesta Bufano (Napoli, 1984), che chiude il progetto schiudendo la porta della sua
Living Room. Godibile ricostruzione della stanza d’una nomade per scelta. Tinteggiato di giallo e rivestito di moquette blu, lo spazio diventa luogo dell’anima, wunderkammer di una globetrotter che scrive il suo diario di viaggio da destra a sinistra in un idioma inesistente, la cui musicalità risuona ossessivamente dagli speaker. Brandelli d’esperienza ricomposti in un patchwork etnico. Freestyle di suggestioni che
Fortuna Del Prete registra in
…Tra soffocamenti e prese d’aria….
Un work in progress dall’esito imprevedibile, tanto quanto il poker intavolato al MADRe. Una partita ancora tutta da giocare,
forse. Si aprono le scommesse.
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Io metterei in mostra questo articolo. Finalmente nella Project Room si vedrebbe qualcosa di qualitĂ , intelligenza e spessore culturale.
recensione inutilmente puntigliosa... piuttosto: non male che un museo italiano ospiti giovani inediti: una vaga sensazione europea.
concordo con Lucia. Di cose positive ne avvengono poche, quando avvengono elogiamole un po' di piĂą
Credo che l'articolo sia adeguato!
Le mini-mostre erano brutte: è impossibile cavare sangua da una rapa!
Ma, il progetto è molto interessante!