È la percezione dell’antico che, come una cosa che si avverte lontana, tra le infinite suggestioni che la letteratura ci propone, resta la più spendibile per le nostre vite comuni, per la banalità dell’avventura quotidiana. È il fascino terrestre degli eventi immortali a coinvolgere la sensibilità di Ernesto Tatafiore (Marigliano, 1943), artista letterario nonostante la formazione decisamente scientifica e attratto da un linguaggio prima di tutto storico e filosofico, in grado di fornire un registro di segni ovunque riconoscibile.
L’artista, legato fin dagli anni ’80 alla galleria di Lucio Amelio ed esponente della Transavanguardia, è in mostra al MANN, con un inedito ciclo di opere la cui ispirazione classica rimanda non solo a un universo di figure epiche e armoniose, fieramente stagliate sopra sfondi dai colori caldi ma, in particolare, ricostruisce la più conosciuta tra le vicende umane mai scritte, quella dell’Ulisse omerico. La sala laterale al Giardino delle Camelie, dunque in pieno Museo Archeologico, ospita “Ritorno a Itaca”, a cura di Marco De Gemmis e Patrizia Di Maggio, organizzata con la collaborazione della Galleria 1Opera e con il Matronato della Fondazione Donnaregina.
L’aspetto favolistico delle opere – tele e dipinti su carta ma pure sculture in bronzo e ferro – mette subito in chiaro la mancanza di un appiglio filologico, forse anche l’assenza di un fondamento veramente letterario. Le figure sono distanti dal contesto in cui siamo soliti immaginarle, i volti anonimi, sensuali, sembrano provenire da una qualche terra straniera, che non è tuttavia precisata. Penelope è distesa, quasi lascivamente abbandonata a un’attesa che non è più quella metodica, quotidiana operazione del fare e del disfare che legava la donna alla tela e la tela alla sospensione della vita. Qui, a seno scoperto, ha l’aspetto di una ninfa, atletica e serena, priva di quel dramma che la storia le attribuiva, facendole pendere addosso il peso di un’aspettativa grande quanto il tempo. Ernesto Tatafiore parte da una suggestione più ampia che, paradossalmente, relega Ulisse in un angolo emancipando, invece, il viaggio, la spedizione verso casa e quella ricerca di un’alternativa a se stessi e ai propri limiti, di cui l’eroe è simbolo inattivo. Spinto da un capo all’altro del mondo conosciuto, Ulisse vive l’iperbole dell’esperienza, in un moto andante senza volontà, dove, anzi, è l’assenza di un concreto discernimento a permettere il viaggio. L’artista si ispira a suggestioni già rodate, all’Itaca di Costantino Kavafis e a immagini femminili distanti, come tratte da un dossier fotografico scattato in un campo profughi; tale è la distanza dall’universo omerico che, con i suoi necessari avvenimenti mitologici, chiude il mondo a un provinciale scambio di opinioni. Ernesto Tatafiore sa bene di cosa è fatto quel mondo ma non al punto tale da volerlo rendere con una pittura che resta molto personale e per nulla scientifica.
La mostra prevede questa misura che si beffa degli eruditi e si lascia bastare una infarinatura, seppur sapiente, dell’epopea omerica. La grandezza, del resto, è lasciata al museo.
Elvira Buonocore
mostra visitata il 21 gennaio
Dal 21 gennaio al 6 marzo 2017
Ernesto Tatafiore, Ritorno a Itaca
Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Piazza Museo Nazionale, 19 – 80135, Napoli
Orari: dal mercoledì al lunedì, dalle ore 10 alle ore 18
Info: man-na@beniculturali.it