Personaggi svuotati, nel senso più letterale possibile, privati cioè della loro condizione usuale, a cui è stata sostituita una nuova natura di immobile comicità. Sono privi di espressione, ridicolmente abbigliati, i sei busti protagonisti della mostra a cura di Cecilia Cecchini, presso gli spazi della Fondazione Plart. Attraverso la libera inventiva del regista Andrea Barzini e dell’architetto Silvio Pasquarelli, il Plart propone un progetto espositivo dai toni benevoli, le cui intenzioni, più che la materia mutilata delle opere, emergono come vere protagoniste. I sei busti, realizzati con piccoli oggetti in plastica altrimenti destinati alla pattumiera, prendono una nuova vita, potendosi reinventare completamente. «Di questa mostra mi ha sedotto l’idea che con la plastica più semplice, quella che ci circonda, o meglio, che ci sovrasta, quelle forme del quotidiano cui neanche prestiamo attenzione, possano divenire qualcos’altro, per esempio che un semplice flacone di candeggina, ricollocato in una posizione diversa da quella in cui è disposto nella nostra credenza, possa nascondere i lineamenti stilizzati di un volto. Mi ha dato la sensazione sognante di ritrovare delle forme familiari nelle nuvole», così detta, con le parole di Maria Pia Incutti, presidente della Fondazione Plart, la mostra appare un’immagine quasi personale, come l’idea di un regalo che si forma nella mente fervida di un bambino.
È presto detto che la fantasia abbia, come solo limite, la mente che la suscita e, in questo caso, le parti che assemblano la mostra – le piccole forchette, i tappi e i flaconi dipinti – sembrano ninnoli stanchi sopra figure che non esistono. Vi è comunque un’idea ammirevole, una buona intenzione che non è scontata nel momento della creazione, atto che, per natura, nella sua pura volontà, non ha a che fare con alcun progetto collettivo. Non si confronta con le moltitudini, si preoccupa solo della propria natività, del fare nuovo che si sta facendo. “Meraviglie e paradossi. Il Design dello stupore” interviene, invece, in difesa del fantastico, con una eccitazione altruista per i frammenti, gli straccetti, i pezzettini di quella roba mal vista che è, alla fine, della propria vita. Ci si inventa un nuovo profilo per le cose, con un procedimento che per gli artisti potrebbe somigliare allo scatto rivoluzionario dei poveri, quando si rimettono in sesto con i mezzi atipici della propria povertà. È un’immagine, questa, che facilmente influenza le suggestioni degli artisti partenopei, che guardano alla città e al proprio lavoro e poi ancora una volta alla città, deviando da una strada che raramente riguarda davvero Napoli e i suoi abitanti. È una deformazione della sensibilità, che crede di poter condividere il magma di una complessità urbana che invece solo raramente è capace di intaccare.
A ogni modo, tema centrale è il riutilizzo. E la vocazione è altissima, poiché lo scarto vuol diventare statua, monolitica rappresentazione di autorità e stupore. Se dunque le pretese dell’oggetto sono tali da irrompere in una classicità inerme, è naturale che i risultati siano ambigui e piuttosto ridicoli. Proprio il riutilizzo, concetto sempre ben visto, appare ora superato da un’idea più nuova che mira non all’esaltazione dello scarto sublime ma a un fare senza alcuno scarto, su piattaforme ideali, di ipotetica produzione e di una altrettanto ipotetica fruizione, senza rimasugli da osannare. Crolla, in questo modo, lo slancio benefico che vuole trovare a ogni costo una funzione a un residuo altrimenti in-ogettuale. Crolla l’idea stessa di funzione, in una dimensione più vacua e intermittente, come un panorama di elettroni.
Elvira Buonocore
Mostra visitata il 18 novembre 2016
Dal 10 novembre 2016 al 7 gennaio 2017
Andrea Barzini, Silvio Pasquarelli, Meraviglie e paradossi. Il Design dello stupore
Fondazione Plart
Via Giuseppe Martucci 48, Napoli
Orari: da martedì a venerdì, dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18. Il sabato dalle 10 alle 13
Info: info@plart.it