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25
febbraio 2008
fino al 7.IV.2008 Nunzio De Martino Napoli, Changing Role
napoli
Le ceneri di Nunzio. Due anni e mezzo per preparare una mostra dove la componente autobiografica sposa un sottile tocco ludico e tanta attenzione per l’estetica. Per sondare un flusso dalla vasta portata ma dal regime irregolare...
di Anita Pepe
Difficile credere che quel gorgoglìo da lavandino ingorgato sia il rumore della vita. Che il faticoso arrancare del nostro sangue somigli a un ossessionante gracidìo notturno. Amplifica la meccanica del corpo Nunzio De Martino (Napoli, 1967), artista senza corpo e tutto concetto che, per la colonna sonora della sua seconda personale, s’immerge grazie al Doppler nel tessuto fluido senza versarne una goccia. Un torrente sgraziato che cigola sotto pelle, anzi sotto la finta pelle argentata o rossa sulla quale ricama i suoi Passaggi: miriadi di cuciture random, vite senza inizio né fine che s’intrecciano come scie in un firmamento lievissimo, ma difficile da pettinare.
Così come criptico resta un gioco creativo che mira sottotraccia a sbilanciare gli stereotipi, per esempio accatastando contro la parete Quel che resta della notte: 28 pannelli in legno di varie misure poggiati per terra e uno solo appeso, “come se vegliasse sugli altri”. Una specie di altarolo cui sottostanno oranti stilizzati. Neri, grezzi. Pittura materica? No: 700mila spilli inchiodati su tavola e poi ricoperti di cemento e smalto. Soffocati? No: “protetti”, “suggellati”, “custoditi”, testimoni d’un momento di ludici happening domestici in cui tutta la famiglia collaborava alla realizzazione dei pezzi in questione.
Sotto teca anche Sogno, apparente versione minimal-chic di un’urna cineraria o di un braciere, collocata su uno slanciato trespolo: pagine strappate a casaccio dai diari tenuti dall’artista tra il 1985 e il 2007 e poi bruciate. Dunque, le illusioni, le speranze, i desideri sono svaniti? No, perché la combustione è servita a “mescolarli”, a infondere loro nuovo calore e “un’altra forma”. Solleticano invece il meccanismo della risemantizzazione le luccicanti spugnette abrasive d’acciaio, ridefinite come Placenta o polarità opposte Yin e Yang, brillanti matassine poste nel senso orario dell’eterno ritorno contro lo sfondo di ecopelle nera, così lucida da far “entrare” di riflesso lo spettatore nell’opera.
Lavori che parlano di una componente autobiografica ancora massicciamente presente rispetto alla prima esposizione, nei quali però la passata Stasis cede il passo ad andamenti vorticosi e avvolgenti, in contrasto con la rigidezza delle superfici e la sintesi cromatico-visiva. Ridondante rispetto all’economia generale pare Lesione, scultura in legno laccato bianco isolata anche nell’allestimento, unico nodo irreversibile di un progetto che medita sui transiti anche nelle due fotografie all’ingresso: un fiammifero e una candela, appena visibili nel buio. L’uno si spegne per accendere l’altra: una morte che fa impressione ma solo sul negativo, pura cessione d’energie.
Fattosta, però, che le due immagini, per chi è abituato a “leggere” normalmente da sinistra verso destra, presentano il rapporto causa-conseguenza a parti rovesciate. Dunque?
Così come criptico resta un gioco creativo che mira sottotraccia a sbilanciare gli stereotipi, per esempio accatastando contro la parete Quel che resta della notte: 28 pannelli in legno di varie misure poggiati per terra e uno solo appeso, “come se vegliasse sugli altri”. Una specie di altarolo cui sottostanno oranti stilizzati. Neri, grezzi. Pittura materica? No: 700mila spilli inchiodati su tavola e poi ricoperti di cemento e smalto. Soffocati? No: “protetti”, “suggellati”, “custoditi”, testimoni d’un momento di ludici happening domestici in cui tutta la famiglia collaborava alla realizzazione dei pezzi in questione.
Sotto teca anche Sogno, apparente versione minimal-chic di un’urna cineraria o di un braciere, collocata su uno slanciato trespolo: pagine strappate a casaccio dai diari tenuti dall’artista tra il 1985 e il 2007 e poi bruciate. Dunque, le illusioni, le speranze, i desideri sono svaniti? No, perché la combustione è servita a “mescolarli”, a infondere loro nuovo calore e “un’altra forma”. Solleticano invece il meccanismo della risemantizzazione le luccicanti spugnette abrasive d’acciaio, ridefinite come Placenta o polarità opposte Yin e Yang, brillanti matassine poste nel senso orario dell’eterno ritorno contro lo sfondo di ecopelle nera, così lucida da far “entrare” di riflesso lo spettatore nell’opera.
Lavori che parlano di una componente autobiografica ancora massicciamente presente rispetto alla prima esposizione, nei quali però la passata Stasis cede il passo ad andamenti vorticosi e avvolgenti, in contrasto con la rigidezza delle superfici e la sintesi cromatico-visiva. Ridondante rispetto all’economia generale pare Lesione, scultura in legno laccato bianco isolata anche nell’allestimento, unico nodo irreversibile di un progetto che medita sui transiti anche nelle due fotografie all’ingresso: un fiammifero e una candela, appena visibili nel buio. L’uno si spegne per accendere l’altra: una morte che fa impressione ma solo sul negativo, pura cessione d’energie.
Fattosta, però, che le due immagini, per chi è abituato a “leggere” normalmente da sinistra verso destra, presentano il rapporto causa-conseguenza a parti rovesciate. Dunque?
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De Martino alla Biennale di Pittura di Trissino nel 2005
anita pepe
mostra visitata il 13 febbraio 2008
dall’otto febbraio al 7 aprile 2008
Nunzio De Martino – Passaggi
Changing Role – Main Space
Via Chiatamone, 26 (zona Chiaia) – 80121 Napoli
orari: da martedì a venerdì ore 15-19.30
Ingresso libero
Info: tel. + 39 08119575958; infogallery@changingrole.com; www.changingrole.com
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