La consacrazione mondiale di un artista può essere misurata grazie alla spia del mercato. Una celebrazione nazionale, invece, non ha mai una data di scadenza. Esposto a Tokyo, Osaka e nella prefettura di Ibaraki, il lavoro di
Hidetoshi Nagasawa (Tonei, 1940; vive a Milano) potrebbe essere ospitato ancora da altre istituzioni giapponesi, come ha rivelato il gallerista partenopeo.
Il ritorno in patria a tempo determinato sembra confermato dal recente
tour de force italiano dell’artista: un doppio intervento ambientale per il
Giardino rovesciato della Villa Medicea La Magia e l’esposizione di una serie di opere su carta e rame, divise tra la galleria milanese Marcorossi-Spiralearte e la napoletana Area24.
L’allestimento in quest’ultimo spazio ripartisce le opere in due ambienti sulla base dei materiali impiegati. Nella prima sala trovano posto sette lavori realizzati con carta di riso e Fabbriano plissettati, tagliati, arrotolati sulle pareti della galleria, de-limitate dalla presenza di cilindri di carta. U
n illusionistico sistema di tubature, che sfocia nel gioco formale dei motivi isolati sui supporti. Se le forme prevalgono sui contenuti, è inutile insistere sulle valenze metafisiche desunte dalla materia, come ha fatto Giacomo Zaza, tirando in ballo in modo generico la spiritualità zen.
Un rotolo appeso a un nastro di carta extra-fine pende dalla parete come una spada di Damocle sul visitatore, per ricordare all’artista maturo e al pubblico la transitorietà della vita. Nagasawa abbozza tracce autobiografiche con la discrezione e la semplicità proprie all’estetica
wabi: l’artista può raccontarsi soltanto attraverso la materia. Forme cilindriche oppure coniche in una virtuosa regia cartacea: cinque fogli accostati su un singolo supporto simulano il percorso di un rotolo dalle piegature impossibili.
Nella seconda sala, la qualità delle opere è meno discontinua. Quattro collage in rame escoriati dall’azione dell’acido sfoggiano una gamma cromatica che va dall’arancione all’amaranto. L’azione del solvente deborda dai margini dei fogli metallici, investendo il cartone sui margini. I supporti assorbono e rielaborano l’azione dell’acido, colorando la carta con aloni turchesi.
Un’operazione sottile, che ha il merito di mettere a nudo gli interventi sulla materia, senza sacrificarne le potenzialità cromatiche.