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23
dicembre 2008
fino al 9.I.2009 Piero Golia Napoli, Galleria Fonti
napoli
Piero e Golia: 1:1. Il piccolo gigante torna a Napoli col coltello tra i denti, per misurarsi da pari a pari con la realtà. Una mostra artigianale, lapalissiana e tautologica. Una mostra da manuale, e senza alcun sospetto concettuale. Forse...
di Anita Pepe
I casi sono due: o è un bluff o è un genio. Chissà quanti l’hanno pensato o detto. Forse però nessuna delle due definizioni tangerebbe più di tanto Piero Golia (Napoli, 1974; vive a Los Angeles), perché lui ormai è – e sa di essere – Piero Golia. E scusate se è poco, in un mondo di artistini anonimi da consumarsi entro la data scritta sul retro. Del resto, sul culto della personalità lui ci ha costruito una carriera, da quando convinse una fanciulla a tatuarsi la sua effigie sulle terga a quando attraversò in canotto il Canale d’Otranto. Bazzecole, in confronto all’impresa che lo aspettava, seppur da propheta, in patria.
Mostra difficile per lui, che “non c’entra in una stanza”. Mostra difficile per il suo gallerista, che non avrebbe potuto assecondare una megalomania che manco quelli di Frieze hanno voluto/potuto soddisfare (beh, sborsare 250mila sterline per oscurare il cielo sopra Regent’s Park con quattrocento elicotteri non sarebbe stato uno scherzetto…). Alla fine, la soluzione s’è trovata: “Fare qualcosa in scala 1:1”.
E così Golia, da prode cavaliere (e cultore del fantasy), ha apparecchiato un cimento all’armi bianche: coltelli, rigorosamente fatti a mano. Ma dove ha appreso a fare pure i coltelli Piero Golia? Ipse dixit: “Sono uno dei pochi sfigati che impara ancora dai libri”. E, pur ammettendo di aver esplorato le plaghe del web in cerca di materiali, s’è perfino costruito da sé i “ferri” del mestiere. E par di vederlo, il piccolo gigante, curvo sulla mola o sulla sega ad acqua come un vecchio arrotino, forgiare e sagomare lame e impugnature, impreziosite dalla confezione di lusso (teca e piedistallo) e dal contrassegno del mastro. Sugli affilati acciari è infatti punzonato il diamante che, in forma di neon, accoglie i visitatori in uno spazio espositivo trasformato in showroom patinata, dove ciascun pezzo è accompagnato dal suo bel cartellino con tutte le caratteristiche (tranne il prezzo…). Coltelli gioielli, insomma. Memorabilia.
Metafora? Denuncia sociale? Provocazione? L’interessato scuote la testa. Suvvia, a Napoli hai voglia a parlare di violenza, soprattutto se sei di Napoli. Un po’ di dietrologia, un pizzico di antropologia da fila alle poste, due lacrime di coccodrillo, una manciata di anatemi ed è fatta. No: l’unico intento è l’1:1.
Eppure il timore, o l’aspettativa, è che non sia tutto qui. E che, quanto più insiste su Arts & Crafts, Piero Golia stia andando sul concettuale. Perché non si sa mai cosa c’è dietro l’angolo di Piero Golia. Che magari sta barando spudoratamente e un giorno sorprenderà pubblico e critica confessando di aver comprato i coltelli su e-bay. Tanto il loro valore non cambierà. Perché – è chiaro – il vero oggetto della mostra è lui. E la singola prova può non convincere – semplici coltelli: non è spiazzante? Allora è un’operazione concettuale?! – ma non può non piacere Piero Golia. Come se i suoi lavori fossero una cosa, e Piero Golia un’altra.
E ogni volta che si parla di una mostra di Piero Golia, non ci si può esimere dal ripercorrere l’epopea di Piero Golia. Il quale, confondendo le tracce tra fake e realtà nella sua mitopoietica, manifesta di aver capito tutto. Ha capito l’importanza di essere Piero Golia.
Mostra difficile per lui, che “non c’entra in una stanza”. Mostra difficile per il suo gallerista, che non avrebbe potuto assecondare una megalomania che manco quelli di Frieze hanno voluto/potuto soddisfare (beh, sborsare 250mila sterline per oscurare il cielo sopra Regent’s Park con quattrocento elicotteri non sarebbe stato uno scherzetto…). Alla fine, la soluzione s’è trovata: “Fare qualcosa in scala 1:1”.
E così Golia, da prode cavaliere (e cultore del fantasy), ha apparecchiato un cimento all’armi bianche: coltelli, rigorosamente fatti a mano. Ma dove ha appreso a fare pure i coltelli Piero Golia? Ipse dixit: “Sono uno dei pochi sfigati che impara ancora dai libri”. E, pur ammettendo di aver esplorato le plaghe del web in cerca di materiali, s’è perfino costruito da sé i “ferri” del mestiere. E par di vederlo, il piccolo gigante, curvo sulla mola o sulla sega ad acqua come un vecchio arrotino, forgiare e sagomare lame e impugnature, impreziosite dalla confezione di lusso (teca e piedistallo) e dal contrassegno del mastro. Sugli affilati acciari è infatti punzonato il diamante che, in forma di neon, accoglie i visitatori in uno spazio espositivo trasformato in showroom patinata, dove ciascun pezzo è accompagnato dal suo bel cartellino con tutte le caratteristiche (tranne il prezzo…). Coltelli gioielli, insomma. Memorabilia.
Metafora? Denuncia sociale? Provocazione? L’interessato scuote la testa. Suvvia, a Napoli hai voglia a parlare di violenza, soprattutto se sei di Napoli. Un po’ di dietrologia, un pizzico di antropologia da fila alle poste, due lacrime di coccodrillo, una manciata di anatemi ed è fatta. No: l’unico intento è l’1:1.
Eppure il timore, o l’aspettativa, è che non sia tutto qui. E che, quanto più insiste su Arts & Crafts, Piero Golia stia andando sul concettuale. Perché non si sa mai cosa c’è dietro l’angolo di Piero Golia. Che magari sta barando spudoratamente e un giorno sorprenderà pubblico e critica confessando di aver comprato i coltelli su e-bay. Tanto il loro valore non cambierà. Perché – è chiaro – il vero oggetto della mostra è lui. E la singola prova può non convincere – semplici coltelli: non è spiazzante? Allora è un’operazione concettuale?! – ma non può non piacere Piero Golia. Come se i suoi lavori fossero una cosa, e Piero Golia un’altra.
E ogni volta che si parla di una mostra di Piero Golia, non ci si può esimere dal ripercorrere l’epopea di Piero Golia. Il quale, confondendo le tracce tra fake e realtà nella sua mitopoietica, manifesta di aver capito tutto. Ha capito l’importanza di essere Piero Golia.
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anita pepe
mostra visitata il 14 novembre 2008
dal 14 novembre 2008 al 9 gennaio 2009
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Galleria Fonti
Via Chiaia, 229 (zona Chiaia) – 80132 Napoli
Orario: da martedì a venerdì ore 16.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 081411409; info@galleriafonti.it; www.galleriafonti.it
[exibart]
quante parole per espore dei coltelli…….e il piccolo cattelan, gioca con i sensi, meglio il cavaliere oscuro!
ma chi c***o è piero golia?
Cara Anita questa recensione è una sofisticatissima “ironia” oppure una stramegalattica “pompata” di un bluf che sta bene a Los Angeles?
Lì ancora ci sono molte “palme” dove il “piccolo e solo piccolo” Piero sembra si sia perfettamente adattato.
Cmq tantissimi auguri, Anita, di un sereno e fulgido 2009.
Anita!…tanta(troppa)ironia…rischi di diventare un’artista…
“Essere artisti oggi significa mettere in questione la natura dell’arte” J. Kosuth
…ma era il 1969…40 anni son tanti…son troppi…
un caro saluto.
lino
Hello little girl napolitana
qualche time passo in tua page e today finally trovo un mio paisà, si dici così in italy?
My friend Piero è furbachione, mi dice in past, “sai Ted, io all’Arte gli darò a final cut”.
Comunque very compliments Anita, you sei l’unica che capisci l’importance di essere Piero.
Sorry per qualche mistake ma sono ancora drunk e stanc, ieri era l’Obama Day and a possesed big mama sempre balare con me.
Kisses
Your Ted