Shutterbug: in americano lo definiscono così un fanatico della fotografia, uno che spara scatti. Queste le foto di Lou Reed in mostra nell’atrio del PAN, scatti sparati su un tramonto nel New Jersey, ciò che viene inquadrato dalla sua finestra di casa nel West Village, con affaccio sull’Hudson River. Dal cantautore della downtown newyorkese ci si sarebbe aspettato di vedere evocati volti, suoni, odori di Brooklyn o di incontrare finalmente Sweet Jane ad un angolo di strada. E invece no, tutto è limpido e luminoso come solo dall’ultimo piano di un grattacielo può essere.
Le foto in mostra rappresentano prevalentemente tramonti, in varie sfumature di colore, con ammassi di nuvole che si tingono dal blu al rosso, fino al grande fotomontaggio che li sintetizza, dal titolo pleonastico Every night a different sunset. Vi sono anche mossi urbani in cui le luci, prese a grossa distanza, tracciano nell’obiettivo grafie colorate, come in Barbed lights o Notes. I titoli descrivono ciò che si vede nelle foto: Room with a view, camera con vista, o il suo autoritratto Snapper, colui che scatta foto.
In ogni comunicato, intervista o conferenza stampa legati a questa mostra itinerante (prime tappe a New York nella Steven Kasher Gallery e nello spazio Hermès, prossima a Roma alla Galleria Unosunove) Lou Reed non ha risparmiato elogi alle nuove tecnologie che, nella musica come nelle arti visive, hanno provocato ammodernamenti sostanziali. Ha magnificato la velocità di controllo sullo scatto, la capacità di adattarsi alla luce e la versatilità della fotocamera digitale, paragonando, come esempi di tecnologia superata, la pellicola fotografica ai nastri sonori.
Ha definito il suo un lavoro corale perché i suoi scatti hanno viaggiato su internet, dal suo amico fotografo americano David Adams, fino al suo editore tedesco Gerhard Steidl, ed in questo modo sono andate definendosi le immagini, mediante una serie di aggiustamenti digitali concordati on line. Ma come ribattere al geniale poeta del rock americano che non gli sarebbe bastato un buon sintetizzatore e un paio di addetti ai lavori per incidere capolavori come Walk on the wild side? Come eccepire che per fortuna ancora, all’alba del terzo millennio, è l’idea ad avere il predominio sulla tecnica? Non si può. Lui è lì nel suo grattacielo dorato e non più giù per strada, come un tempo, standing on the corner.
giovanna procaccini
mostra visitata il 9 marzo 2006
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Sarebbe stato più innovativa, coraggiosa e forse didattica una mostra dell'ultimo degli sfigati e non protetti giovani artisti che girano per napoli. La missione del PAN dovrebbe essere, innanzitutto, questa.
cmq viva gli "orticelli" partenopei/sanniti/capitolini
i giardini di marzo si vestono di vecchi coloriii/ e le mafie dell'arte vivono i soliti amoriiii/ camminavi nel Pan e ad un tratto udisti un rumoreeeeeeeee/ era un sorcio che disse con gran clamoreeeee...
Che anno è? che giorno è?
Oggi è esattamente 1 anno che ha aperto il Pan e il bilancio si può riassumere in una sola parola: fallimento! scuorno a quelle facce salottiere!
W Napoli capitale del contemporaneo! è nata una stella: il grande fotografo Lurìd!
non capisco perchè la richiesta è sempre la stessa:fare esporre i giovani artisti comunque,meglio se campani?la sprovincializzazione è importante----l'obiettivo deve essere la qualità della mostra--la sua intenzione di ricerca e non favorire ad ogni costo i "locali"ad ogni costo----un sluto
largo ai giovani!!!