Un doppio binario comunicativo
colpisce d’impatto chi osserva questa prima personale napoletana di
Vassilis
Patmios Karouk (Atene,
1977), pittore e videomaker formatosi tra la University of Fine Arts di Atene e
Amsterdam. Un binomio talvolta insolito, pittura e video, ma che in questo caso
risulta uno strumento complementare, utilizzato da Karaouk per indagare il
Monstrum, quel particolare stato
dell’essere che contemporaneamente attrae e respinge.
Monstrum è concepito da Augustine Zenakos,
condirettore della Biennale di Atene e curatore della mostra, come una
riflessione totale sul concetto di giustizia e di democrazia oggi, su come si
percepisce nel nostro quotidiano e in che modo viene narrato dall’artista.
Non commenta Karaouk, ma descrive,
dosando con i forti toni scuri i volti dolenti, che suscitano sentimenti di
pietà, come nell’ovale bianco candido di
Loss, increspato dalle due vene rosse
delle labbra. Una donna dal colorito cadaverico, in
Doing wrong for the
right reason,
espone quasi una serie di visi divenuti ormai teschi, scarnificati. Fare la
cosa sbagliata per la ragione giusta è uno slogan da guerra, di quelli scanditi
dal telegiornale senza alterazioni di suono. Commentare un episodio bellico
risulta difficile senza trascendere nel già sentito o visto, e allora Karaouk
piange i morti ritagliando spazio solo per la descrizione. Ma in questa è
implicito un gesto di condanna.
Un’atmosfera complessivamente
antica si respira nelle sue opere, come se un senso tutto mediterraneo di
pathos li legasse nell’uniformità dello stile. Si trova riscontro addirittura
nel passato e rimanda iconograficamente alla grande tradizione artistica di
Goya,
El Greco, addirittura
Velázquez per gli impasti corposi e il nudo
di tre quarti del Cristo di
Expiation, flagellato, smagrito e lasciato senza tregua nel suo
sacrificio da quella croce tenuta in mano da un prelato. Una benedizione che
suona più come una condanna che una salvezza.
Se i sette dipinti, realizzati nel
2009, di-mostrano
nel
senso latino del termine il prodigio, l’atto mostruoso, e allo stesso tempo
invitano nel gioco di specchi riflessi – disposti nell’allestimento – a
guardare dentro di sé, per scoprire che “
l’umano è un mostro come parte della
sua costituzione“,
come scrive Zenakos, invece
Motivo (2007)
appare più ricco di spunti di riflessione. Un video dal
taglio cinematografico, complesso e ricco di citazioni, con ritmi
sovraeccitati, musica incalzante e tre protagonisti che si contendono
metaforicamente il cibo.
È la lotta più antica del mondo –
vi si saldano i temi di capitalismo, borghesia, miseria – in cui vince il più
forte solo perché più ricco, quello che della democrazia in sostanza se ne fa
un baffo. Un percorso che di questi tempi andrebbe approfondito.